Spondilite anchilosante
La spondilite anchilosante è una forma di artrite infiammatoria di origine autoimmune che colpisce soprattutto le articolazioni e i legamenti della colonna vertebrale. L’esordio avviene solitamente a livello delle articolazioni sacro-iliache, ovvero il punto di giunzione tra la base della colonna vertebrale e il bacino, deputate al movimento e alla rotazione dei fianchi. Con il persistere della malattia, l’organismo tenta di riparare l’infiammazione producendo nuovo tessuto osseo. Nei casi più gravi, questo processo porta alla fusione delle vertebre, riducendo le curve fisiologiche della colonna, provocando una marcata rigidità del rachide e una limitazione dei movimenti. Oltre alla colonna vertebrale, la spondilite anchilosante può colpire le articolazioni periferiche, come ginocchia, caviglie, spalle e dita. È comune la comparsa di entesite, un’infiammazione delle entesi, ovvero i punti in cui tendini e legamenti si inseriscono sull’osso. Un altro segno caratteristico può essere la dattilite, nota anche come “dita a salsicciotto”, che comporta gonfiore diffuso delle dita di mani o piedi. Quando la malattia interessa le articolazioni tra costole, colonna vertebrale e sterno, può rendere difficile la respirazione profonda, a causa della ridotta espansione toracica. Un’altra manifestazione comune è l’uveite, un’infiammazione dell’occhio, che può colpire uno o entrambi, causando dolore oculare, arrossamento, fotofobia e visione offuscata.
La malattia ha un esordio giovanile, con l’80% dei casi diagnosticati prima dei 30 anni.
La spondilite anchilosante comporta un aumento del rischio di malattie e complicanze cardiovascolari. In particolare, l’infiammazione può colpire l’aorta, alterando la valvola aortica (rigurgito aortico) e compromettendo la funzionalità del cuore. Altre complicanze possono includere la compromissione della funzione respiratoria per la ridotta espansione toracica prima citata, la sublussazione atlanto-assiale (tra la prima e la seconda vertebra cervicale), lesioni del midollo spinale e la sindrome della cauda equina. In particolare, si possono verificare fratture vertebrali da compressione, che possono provocare lesioni delle radici nervose o del midollo spinale.
La spondilite anchilosante ha un esordio giovanile, con l’80% dei casi diagnosticati prima dei 30 anni.

Quali sono le cause della spondilite anchilosante?
Nella spondilite anchilosante il sistema immunitario attacca erroneamente i propri tessuti, in particolare le articolazioni, ma attualmente la causa esatta non è ancora nota.
Quali sono i fattori di rischio della spondilite anchilosante?
Si ritiene che una combinazione di fattori genetici e ambientali giochi un ruolo determinante nello sviluppo della spondilite anchilosante.
Il gene HLA-B27 è uno dei principali fattori genetici associati a questa condizione, presente in circa il 90% delle persone con spondilite anchilosante. Non tutte le persone portatrici di questo gene, però, sviluppano la malattia, il che suggerisce l’intervento di altri elementi, che potrebbero innescare la risposta autoimmune. Oltre a questa variante genetica, la ricerca ne ha individuate altre potenzialmente coinvolte, anche se nessuna ha finora dimostrato la stessa rilevanza.
Tra i possibili fattori ambientali vi sono le infezioni intestinali o urogenitali, che possono scatenare una risposta autoimmune in persone geneticamente predisposte.
Altri fattori di rischio includono:
- familiarità: avere un familiare con diagnosi di spondilite anchilosante aumenta il rischio di sviluppare la malattia;
- sesso maschile: la malattia è diagnosticata più frequentemente negli uomini, nei quali tende a manifestarsi in forma più grave e con maggiore coinvolgimento della colonna vertebrale;
- compresenza di altre patologie autoimmuni: le malattie infiammatorie intestinali (morbo di Crohn e colite ulcerosa, presenti fino al 50% dei casi), l’uveite acuta (25-35%) e la psoriasi (circa il 10%) possono associarsi alla spondilite anchilosante o rappresentare manifestazioni di un quadro clinico più complesso;
- disbiosi intestinale: alterazioni della composizione del microbiota intestinale sono oggetto di studio come possibili cofattori nello sviluppo della malattia.
Quali sono i sintomi della spondilite anchilosante?
I sintomi della spondilite anchilosante possono variare notevolmente da persona a persona. Il più comune è il dolore lombare provocato dalla sacroileite, che può irradiarsi alle anche, ai glutei e, talvolta, all’addome. In alcuni casi, il dolore può coinvolgere anche il collo e le articolazioni periferiche. Un altro sintomo frequente è la rigidità della parte bassa della schiena e delle anche, che può causare difficoltà nei movimenti e mobilità ridotta.
L’andamento dei sintomi può essere altalenante, tendendo a peggiorare durante i periodi di inattività o dopo un riposo prolungato (come durante la notte o dopo essere rimasti seduti a lungo) e migliorando generalmente con l’attività fisica e il movimento.
Alcune persone presentano disturbi lievi e intermittenti, mentre altre sperimentano un dolore cronico e intenso. La malattia può alternare fasi di riacutizzazione (flare) a periodi di remissione.
Oltre ai sintomi articolari, possono manifestarsi disturbi sistemici e associati, tra cui affaticamento, respiro corto, perdita di appetito o dimagrimento inspiegato, eruzioni cutanee (soprattutto in presenza di psoriasi), dolore addominale, diarrea e problemi oculari come dolore improvviso, fotofobia e visione offuscata, legati all’uveite.
Come si arriva alla diagnosi di spondilite anchilosante?
La diagnosi si basa su un insieme di elementi clinici, esame obiettivo, analisi del sangue ed esami di imaging. Poiché i sintomi iniziali possono essere poco specifici, è fondamentale una valutazione accurata, che spesso conduce alla visita reumatologica. Durante l’anamnesi vengono raccolte informazioni dettagliate sui sintomi: durata, localizzazione, fattori che li influenzano e presenza di casi familiari di mal di schiena, dolori articolari o artrite. L’esame obiettivo include l’osservazione della postura e la valutazione della mobilità della colonna vertebrale, del bacino, dei talloni e del torace. Al paziente può essere chiesto di compiere determinati movimenti per valutare l’ampiezza articolare e individuare eventuali punti dolenti tramite palpazione o manovre specifiche. La respirazione profonda può essere esaminata per rilevare rigidità dovuta all’infiammazione delle articolazioni costali. Attualmente non ci sono test di laboratorio specifici per confermare la spondilite anchilosante, ma alcune analisi possono supportare la diagnosi. Tra queste ci sono gli esami del sangue per valutare la presenza di infiammazione, come la VES (velocità di eritrosedimentazione) e la PCR (proteina C reattiva) e l’emocromo completo. Sebbene non siano specifici della malattia, possono risultare alterati in presenza di infiammazione.
Un altro esame che viene prescritto per diagnosticare questa condizione è la ricerca del gene HLA-B27, che comunque non è determinante, poiché ci sono persone positive al gene che non sviluppano la malattia, così come individui con spondilite anchilosante che risultano negativi.
Gli esami di imaging sono fondamentali per visualizzare le alterazioni articolari e confermare la diagnosi. Tra questi vi sono:
- radiografie della colonna vertebrale e delle articolazioni sacro-iliache (RX): possono mostrare modifiche tipiche, ma i segni radiologici possono richiedere anni per manifestarsi; sono utili anche per monitorare la progressione della malattia;
- risonanza magnetica (RM): fornisce immagini dettagliate delle articolazioni e dei tessuti molli ed è particolarmente efficace nelle fasi iniziali, quando i cambiamenti non sono ancora visibili alla radiografia;
- tomografia computerizzata (TC): fornisce immagini ad alta definizione delle strutture ossee e può essere utile per analisi approfondite, anche se è meno utilizzata nelle fasi precoci.
Come si previene la spondilite anchilosante?
Al momento, non sono note possibili azioni preventive per questa malattia.
Qual è il trattamento della spondilite anchilosante?
Non c’è una cura per la spondilite anchilosante, tuttavia, una gestione mirata di questa condizione consente di alleviare i sintomi, rallentare la progressione che può portare a invalidità e migliorare la qualità della vita. Gli obiettivi principali sono la riduzione del dolore e della rigidità, il mantenimento della mobilità articolare e la prevenzione delle deformità. I trattamenti prevedono:
- mantenersi attivi: praticare esercizi regolari e camminare aiuta a ridurre la rigidità articolare e a prevenire il peggioramento;
- fisioterapia: il/la fisioterapista può strutturare un programma personalizzato che includa esercizi di mobilità articolare, stretching, rafforzamento muscolare e correzione posturale sia in posizione eretta sia durante la deambulazione;
- dispositivi di supporto: bastoni, deambulatori o altri ausili possono facilitare la mobilità o agevolare la presa di oggetti in caso di difficoltà a piegarsi;
- smettere di fumare: il fumo peggiora la funzionalità respiratoria, già compromessa dalla rigidità della gabbia toracica;
- farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS): aiutano a ridurre l’infiammazione e a controllare il dolore; è importante consultare il/la medico/a ed evitare un uso prolungato;
- farmaci corticosteroidi: possono essere utilizzati, sotto prescrizione medica, in forma di iniezioni locali per ridurre l’infiammazione;
- farmaci biologici: la terapia con questi farmaci prescritti da uno/a specialista agisce sul sistema immunitario per ridurre l’infiammazione e rallentare la progressione della malattia;
- trattamenti chirurgici: sono indicati solo nei casi più gravi, quando i trattamenti conservativi non sono efficaci, e possono includere la riparazione articolare, l’impianto di protesi (come quella d’anca) o, in rari casi, la correzione della colonna vertebrale o il trattamento di fratture;
- gestione dello stress: anche se non è una causa diretta della malattia, lo stress può peggiorare la percezione dei sintomi.
Non c’è una cura definitiva per la spondilite anchilosante, ma una gestione mirata di questa condizione può migliorare la qualità della vita.
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Korian Redazione
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