Malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer rappresenta la più comune forma di demenza. È una malattia caratterizzata dalla degenerazione progressiva del tessuto cerebrale, che determina il declino delle funzioni cognitive portando a perdita di memoria, alterato senso del giudizio e di capacità di pensiero e alterazioni psico-comportamentali. Man mano che i sintomi peggiorano, la malattia di Alzheimer interferisce con la vita quotidiana del paziente, che perde l’autonomia, può non riconoscere più i familiari e le persone che gli /le sono vicine e ha bisogno di assistenza e supporto costante.
La malattia di Alzheimer interessa prevalentemente persone al di sopra dei 65 anni e il numero di nuovi casi aumenta con l’avanzare dell’età. Tuttavia, vi sono casi in cui la malattia si presenta precocemente, in persone più giovani.
Si stima che la malattia di Alzheimer interessi il 3-5% delle persone in pensione o al termine della loro carriera lavorativa in tutto il mondo, con un numero di nuovi casi in aumento, e che in Italia siano 500.000 le persone malate. A livello globale, rappresenta una delle principali cause di morte e disabilità.
Quali sono le cause della malattia di Alzheimer?
Le cause specifiche della malattia di Alzheimer non sono del tutto note. Si tratta comunque di una malattia complessa, nello sviluppo della quale entrano in gioco fattori sia genetici sia ambientali. È noto infatti che alcune varianti genetiche sono associate a un maggior rischio di sviluppare la malattia: una delle più note è nel gene APOE. Esistono quattro varianti (alleli) del gene APOE, e le persone con la variante APOE ε4 hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia.
Sempre per quanto riguarda la genetica della malattia di Alzheimer, sono noti tre geni che, se mutati, causano una forma ereditaria di Alzheimer caratterizzata da esordio precoce (tra i 40 e i 50 anni). Tuttavia, questa forma genetica di malattia di Alzheimer è molto rara: si stima rappresenti solo una percentuale limitatissima dei casi in tutto il mondo.
Come per altre forme di demenza, anche alcuni stili di vita e condizioni rappresentano un fattore di rischio (vedi Come si previene la malattia di Alzheimer).
Dal punto di vista fisiopatologico, la malattia di Alzheimer è caratterizzata dalla degenerazione delle cellule del tessuto nervoso. Questa degenerazione interessa inizialmente l’area del cervello più strettamente deputata alla memoria, l’ippocampo, ma si estende progressivamente ad altre zone, arrivando a compromettere le capacità di linguaggio, ragionamento e apprendimento.
Una delle caratteristiche più rappresentative della malattia di Alzheimer è la formazione di placche di beta-amiloide: si tratta di strutture insolubili di una proteina che forma aggregati fibrillari. Le placche, deposte tra i neuroni, sembrano avere effetti tossici per le cellule nervose.
Oltre che dalle placche di beta-amiloide, la malattia di Alzheimer è caratterizzata dall’accumulo anomalo anche di un’altra proteina, detta tau, che forma delle fibrille unite in “grovigli” (noti in inglese come tangles).
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Quali sono i sintomi della malattia di Alzheimer?
Le alterazioni nel cervello di una persona con la malattia di Alzheimer iniziano prima del manifestarsi dei sintomi. Questi ultimi, come per altre forme di demenza, possono facilmente essere associati al declino cognitivo fisiologico, normalmente determinato dall’avanzare dell’età; è bene quindi prestare particolare attenzione a quelli che possono essere invece sintomi precoci della malattia di Alzheimer. L’Alzheimer’s Association, una delle principali associazioni dedicata alla malattia a livello internazionale, distingue tre fasi della malattia, usate come descrizione generale per il suo andamento nel corso del tempo.
Le fasi della malattia di Alzheimer
- Fase precoce – Malattia lieve: la persona è autonoma (lavora, prende parte alle attività sociali, guida eccetera). I sintomi iniziali sono poco evidenti, anche se possono essere comunque notati dalle persone più vicine e comprendono per esempio la perdita di memoria, in particolare di quella a breve termine. La persona potrebbe quindi, per esempio, ripetere più volte la stessa domanda e dimenticarsi di qualcosa avvenuta pochi giorni prima.
- Fase intermedia – Malattia moderata: è tipicamente la più lunga, nella quale i sintomi iniziano a essere più marcati. La persona può essere frustrata e aggressiva, può presentare comportamenti compulsivi e ripetitivi, e possono iniziare le difficoltà a svolgere le attività quotidiane, come prepararsi un pasto. Tra i sintomi di questa fase possono esserci per esempio la depressione, l’inizio della perdita di memoria a lungo termine, il disorientamento spazio-temporale (non ricordarsi dove si è e che giorno sia), i disturbi del sonno e la difficoltà a riconoscere il giorno e la notte.
- Fase tardiva – Malattia grave: si perdono la capacità di rispondere all’ambiente circostante e di controllare i movimenti, compresi per esempio quelli necessari alla deglutizione (la polmonite ab ingestis, cioè causata dal contenuto del cavo orale che finisce nei polmoni, è una comune causa di morte per le persone con malattia di Alzheimer). L’autonomia personale è compromessa, determinando la necessità di un’assistenza continua sia per le necessità fisiologiche sia per la sicurezza fisica.
È importante notare che i sintomi non sono uguali per tutte le persone e possono essere molto variabili, anche nelle tempistiche in cui si presentano.
La sopravvivenza nella malattia di Alzheimer è molto variabile: dalla diagnosi, la maggior parte delle persone vive tra i 4 e gli 8 anni, ma la sopravvivenza può essere anche considerevolmente più lunga.

Come si arriva alla diagnosi di malattia di Alzheimer?
La diagnosi della malattia di Alzheimer segue il percorso di quella di altre cause di demenza. Il/la medico/a di medicina generale è dunque la prima figura di riferimento per indirizzare la diagnosi se si nota qualche sintomo: dopo una valutazione iniziale, comprensiva di test per escludere altre cause di deterioramento delle funzioni cognitive, può indirizzare il paziente ai Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze. Sono questi, secondo le Linee guida dell’Istituto superiore di sanità, i punti di riferimento per la diagnosi.
Un/a specialista raccoglie quindi l’anamnesi, con particolare attenzione a eventuali alterazioni comportamentali riferite dal paziente o dai suoi familiari, ed esegue un esame neurologico, per permettere di distinguere la malattia di Alzheimer da altre forme di demenza e dal Mild Cognitive Impairment, una condizione di decadimento cognitivo più lieve e che non necessariamente progredisce in demenza. Quindi, può essere consigliato un esame di neuroimaging, ossia con strumenti che permettono di ottenere immagini del cervello del paziente: i due principali esami di riferimento per la malattia di Alzheimer, così come per le altre demenze, sono la TC e la risonanza magnetica.
Eventuali altri esami devono essere programmati per livelli sequenziali, nel caso vi sia incertezza sulla diagnosi. Per esempio, possono essere consigliabili esami di imaging funzionale (PET e SPECT) che permettono di ottenere non solo immagini del cervello ma anche informazioni sulla sua funzionalità. Uno dei molti campi nei quali è attiva la ricerca sulla malattia di Alzheimer è lo studio di marcatori precoci che possano, per esempio, rivelare la presenza di beta amiloide e proteina tau anche nel sangue.
La malattia ha un impatto significativo sia per chi ne soffre sia per le persone che gli sono vicine (ancora di più se si presenta in forma precoce). Pertanto, sempre le linee guida dell’Istituto superiore di sanità raccomandano anche, a chi sta aspettando o ha ricevuto una diagnosi di malattia di Alzheimer e ai suoi familiari, di seguire dei percorsi di counselling.
Come si previene la malattia di Alzheimer?
Sebbene le cause specifiche della malattia di Alzheimer non siano note, è riconosciuto che si tratti di una malattia complessa che origina sia da fattori genetici sia da fattori ambientali. Uno dei principali fattori di rischio è l’età ma, in termini di prevenzione, sono soprattutto i fattori ambientali quelli su cui è possibile agire.
Infatti, comportamenti e abitudini che rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer sono innanzitutto consumo eccessivo di alcol, fumo di tabacco, ipertensione, ipercolesterolemia, obesità, diabete, scarsa attività fisica. Tutti fattori di rischio associati anche allo sviluppo di altre forme di demenza e modificabili: una dieta equilibrata, un adeguato movimento fisico, la riduzione del consumo di alcol e smettere di fumare sono azioni che contribuiscono a ridurre il rischio di malattia di Alzheimer, oltre che di disturbi cardio-circolatori (ritenuti associati al rischio di demenza).
Vale la pena notare che esistono altri fattori di rischio riconosciuti per la malattia di Alzheimer, così come per le altre cause di demenza. Tra questi vi sono per esempio il livello d’istruzione e fattori afferenti alla sfera sociale ed emotiva, in particolare la depressione e l’isolamento sociale. Anche la perdita di udito e della vista non trattate (probabilmente perché può aumentare l’isolamento sociale) e l’inquinamento atmosferico (probabilmente perché anch’esso danneggia il sistema cardio-circolatorio) sono fattori di rischio noti.
Approfondimenti
Qual è il trattamento della malattia di Alzheimer?
Nonostante l’impegno della comunità scientifica, a oggi non è disponibile una cura per la malattia di Alzheimer. I trattamenti farmacologici in uso mirano infatti al contenimento dei sintomi e, negli stadi lieve e moderato, a limitarne l’aggravamento. Tra i farmaci usati in queste fasi vi sono gli inibitori dell’acetilcolinesterasi: somministrati per via orale, sono farmaci che agiscono inibendo un enzima cellulare deputato a degradare il neurotrasmettitore acetilcolina. Nelle persone con l’Alzheimer, i livelli di questa molecola nel cervello, dove ha un ruolo nella memoria, nell’apprendimento e nella concentrazione, sono infatti ridotti. Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi hanno dimostrato di avere un effetto benefico sia per le funzioni cognitive sia per l’autonomia del paziente.
Un secondo farmaco usato nel trattamento della malattia di Alzheimer, nei casi più gravi ed eventualmente in associazione con gli inibitori dell’acetilcolinesterasi, è la memantina. Agisce bloccando il recettore cellulare di un neurotrasmettitore, il glutammato, i cui livelli eccessivi possono contribuire alla degenerazione cerebrale e alla manifestazione dei sintomi.
Entrambi questi farmaci possono avere importanti effetti collaterali: devono quindi essere prescritti da un/a specialista ed è importante seguire modalità e quantitativi di somministrazione indicati.
La ricerca sui trattamenti per la malattia di Alzheimer è comunque molto intensa e in discussione fra gli esperti, per trovare farmaci che siano in grado di modificare il decorso della malattia.
Il trattamento non farmacologico della malattia di Alzheimer comprende varie terapie personalizzate (terapia cognitiva, terapia occupazionale, musicoterapia…) che possono avere un ruolo importante nel mitigarne i sintomi. Inoltre, come per le altre forme di demenza, sono importanti le misure per garantire la sicurezza fisica del paziente e quelle di supporto, che lo aiutino a sentirsi a proprio agio.
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Korian Redazione
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