Mammografia: come si fa, ogni quanto e a chi è raccomandata
La prevenzione del tumore al seno passa (anche) attraverso lo screening, e ha un nome: mammografia. Un esame che, sebbene talvolta possa essere fastidioso, è rapido e semplice. In breve, si tratta di una radiografia delle mammelle che consente di vedere se vi sono segni che possono far sospettare la presenza di un tumore e, quindi, indirizzare a ulteriori accertamenti.
Vediamo allora meglio in cosa consiste questo esame e cosa aspettarsi nella sua esecuzione.
Prima: due parole sul tumore al seno
A livello globale, il tumore al seno è tutt’oggi la prima causa di mortalità per tumore nelle donne. Tuttavia, nei Paesi in cui sono disponibili, gli strumenti per la diagnosi precoce (e i trattamenti avanzati) hanno aumentato la sopravvivenza in modo significativo: oggi, secondo le più recenti stime disponibili, in Italia la sopravvivenza a dieci anni dalla diagnosi è di oltre il 90%.
Come per molte altre forme di tumore, anche per quello al seno i fattori di rischio comprendono fattori sia genetici sia ambientali: a entrare in gioco nella probabilità che si sviluppi vi sono dunque la familiarità per questo tipo di tumore, la presenza di specifiche mutazioni genetiche (in particolare quelle ai geni BRCA1 e BRCA2) ma anche lo stile di vita e fattori ormonali.
Il tumore al seno può potenzialmente interessare tutte le persone, ovviamente con incidenze diverse, e diverse condizioni cliniche possono portare il/la clinico/a a dare indicazione all’esecuzione dell’esame mammografico. Al di là della prevenzione, infatti, la mammografia deve sempre rientrare in un percorso diagnostico-terapeutico che avvalori la necessità della sua esecuzione: per esempio si può ravvisarne l’utilità in caso di terapie ormonali particolari, come quelle usate nei percorsi di affermazione di genere per le persone trans (anche se attualmente la letteratura è assai limitata per tale quadro clinico), oppure nel sospetto di ginecomastia (l’ingrossamento anomalo delle ghiandole mammarie negli uomini), o ancora nei percorsi per il trattamento dell’infertilità. Questi sono solo alcuni esempi: come per tutti gli esami è essenziale sempre valutare il quadro clinico completo per dare corrette indicazioni agli esami diagnostici.
“La medicina è al servizio di tutte le persone ma ogni esame deve essere eseguito in base a un’indicazione clinica precisa”, spiega Federica Gunetti, dottoressa specialista in radiodiagnostica di Korian Sanità.
Come si svolge la mammografia
Abbiamo anticipato che la mammografia è una radiografia, cioè un esame strumentale che sfrutta i raggi X per studiare struttura e forma del tessuto mammario, favorendo così la diagnosi precoce del tumore al seno. È un esame rapido, sebbene per molte persone possa risultare fastidioso: ciascuna mammella, infatti, deve essere compressa tra due piani rigidi per alcuni istanti. Sebbene spiacevole, questa compressione è importante per distendere i tessuti, così da ridurre la dose di radiazioni necessaria e, al contempo, migliorare la qualità dell’immagine.
Lo screening mammografico prevede inoltre che si eseguano due proiezioni per ciascuna mammella, così da averne una visione più panoramica possibile. Per eseguire correttamente queste proiezioni sono fondamentali le capacità del tecnico sanitario di radiologia medica e la collaborazione della o del paziente.
L’esame non richiede una preparazione particolare; è però essenziale indicare se si è o si pensa di essere in stato di gravidanza.
Le differenze tra mammografia ed ecografia
In caso di reperti dubbi si possono eseguire ulteriori accertamenti, diversi da caso a caso.
Tra questi completamenti diagnostici rientra l’ecografia, un altro tipo di esame di imaging che, invece di basarsi sui raggi X come la mammografia, sfrutta gli ultrasuoni per creare un’immagine del tessuto.
L’ecografia è uno strumento indispensabile soprattutto quando il tessuto del seno è denso (come nelle persone giovani ma non solo) e per lo studio del cavo ascellare. Durante l’esame ecografico è importante riferire al/la medico/a eventuali sintomi.
Mammografia, da che età e ogni quanto farla
La mammografia rientra tra gli esami di screening offerti dal Servizio sanitario nazionale: le indicazioni del Ministero della Salute la raccomandano ogni due anni alle donne tra i 50 e i 69 anni di età. In alcune Regioni italiane, inoltre, sono in corso programmi pilota in cui la fascia di età è più ampia, con mammografia annuale tra i 40 e i 45 anni e ogni due anni per le donne fino a 74 anni.
Come già anticipato, comunque, ciò non significa che l’esame sia indicato solo per le donne comprese in queste fasce d’età. Al di là del programma di screening, infatti, le raccomandazioni cliniche possono variare in base a vari fattori. Per esempio, in presenza di specifici fattori di rischio, possono essere raccomandati controlli più frequenti, o a partire da età inferiori. In particolare, può essere raccomandata una risonanza magnetica (un altro tipo di esame di imaging) a cadenza annuale, eventualmente associata a ecografia e/o mammografia per:
- chi ha una mutazione dei geni BRCA1 e BRCA2 o un’importante storia familiare di tumore al seno, avvalorata dalla consulenza genetica
- chi è stato sottoposto/a a radioterapia al torace per un’altra forma tumorale tra i 10 e i 30 anni (la radioterapia può aumentare il rischio di tumore al seno)
La mammografia presenta aspetti negativi?
Uno degli aspetti della mammografia su cui ancora oggi si sente a volte discutere è il rischio di sovra-diagnosi, cioè l’individuazione di formazioni non pericolose. Tuttavia, non abbiamo nessuno strumento che ci dica in anticipo se una formazione possa essere un tumore maligno, magari molto aggressivo.
La comunità medico-scientifica concorda quindi nel ritenere che il beneficio di un trattamento precoce e più efficace di un tumore al seno individuato nelle fasi iniziali superi il rischio di sovra-diagnosi e i programmi di screening per il tumore al seno basati sulla mammografia hanno ormai dimostrato la loro efficacia nel ridurre la mortalità per questo tipo di cancro.