Esami per il fegato: come e quando controllare la salute epatica
Il fegato è uno degli organi più importanti del nostro corpo ed è coinvolto in una vasta gamma di funzioni essenziali. Proprio per la complessità e l’importanza delle sue funzioni, è fondamentale tenere monitorata la salute epatica sottoponendosi a controlli periodici e regolari, utili per individuare precocemente eventuali alterazioni e prevenire disturbi anche gravi. Inoltre, questi controlli sono fondamentali per determinare la gravità di una malattia del fegato già nota e seguirne nel tempo l’evoluzione. In entrambi i casi, un controllo tempestivo può fare la differenza nella prevenzione di complicanze gravi e nel miglioramento della prognosi.
L’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) ha infatti sottolineato l’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce delle malattie epatiche, molte delle quali possono evolvere in modo silente fino a stadi avanzati, presentando recentemente al Ministero della Salute il Libro Bianco Le malattie epatiche: definizione di ambiti e interventi per un approccio integrato, in cui vengono delineate strategie per una gestione integrata di queste patologie.
Ma quali sono gli esami da fare per controllare il fegato? Scopriamolo insieme!
Quali sono i principali esami per controllare il fegato?
Per controllare la salute del fegato è necessario eseguire dei controlli mirati, che si dividono in due categorie: gli esami del sangue e gli esami strumentali.
Gli esami del sangue permettono di valutare la funzionalità epatica analizzando enzimi, proteine e altre sostanze presenti nel circolo ematico. Alterazioni in questi valori possono indicare la presenza di infezioni, infiammazioni, danni al tessuto epatico, disturbi metabolici o addirittura tumori. Questi esami vengono prescritti in presenza di sintomi sospetti, per tenere sotto controllo una malattia del fegato già diagnosticata o per verificare eventuali effetti collaterali di farmaci.
Quando i risultati del sangue mostrano valori anomali, oppure quando c’è un sospetto clinico di patologia epatica, si procede con ulteriori accertamenti strumentali.
Gli esami strumentali consentono di osservare direttamente la struttura e il funzionamento del fegato. Grazie a queste indagini è possibile individuare alterazioni del flusso sanguigno, segni di fibrosi o cirrosi, e rilevare eventuali lesioni o masse. Queste informazioni sono fondamentali sia per una diagnosi precisa, sia per seguire nel tempo l’evoluzione di una malattia.
Esami del sangue per il fegato
Gli esami del sangue per il fegato si eseguono tramite un semplice prelievo di sangue venoso. Prima dell’esame, è generalmente richiesto un digiuno di 10-12 ore. È importante informare il/la medico/a su eventuali farmaci assunti, poiché alcune sostanze possono influenzare i risultati. Tuttavia, le terapie in corso non devono mai essere sospese senza una precisa indicazione medica.
Tra i principali indicatori analizzati nei test di funzionalità epatica troviamo:
- Alanina transaminasi (ALT o SGPT): enzima presente quasi esclusivamente nel fegato, coinvolto nella trasformazione delle proteine in energia. In caso di danno epatico, viene rilasciata nel sangue, determinando un aumento dei suoi livelli.
- Aspartato transaminasi (AST o SGOT): enzima presente nel fegato ma anche in muscoli e cuore. Un suo aumento può segnalare un danno al fegato, ma anche altre condizioni come infarti o lesioni muscolari. Per questo motivo viene interpretata insieme all’ALT: il cosiddetto test delle transaminasi è tra i più utilizzati in caso di sospetto problema epatico.
- Gamma-glutamiltransferasi (GGT o gamma-GT): enzima utile per identificare malattie come epatite, cirrosi o tumore del fegato o delle vie biliari. Può aumentare anche in caso di disturbo da abuso di alcol o uso prolungato di alcuni farmaci.
- Fosfatasi alcalina (ALP): enzima presente nel fegato e nelle ossa, che può aumentare in caso di ostruzione delle vie biliari o patologie ossee. Per una corretta interpretazione è necessario confrontare questo valore con altri parametri.
- Bilirubina: prodotto di scarto derivato dalla degradazione dei globuli rossi. Il fegato la trasforma e ne consente l’eliminazione attraverso la bile. Se i suoi livelli nel sangue aumentano, possono comparire sintomi come l’ittero (colorazione gialla della pelle) e può essere segnale di disfunzioni epatiche, ostruzioni biliari o, talvolta, anemia.
- Lattato deidrogenasi (LDH): enzima presente in diversi organi, tra cui fegato, cuore, polmoni e muscoli. Un suo aumento può indicare un danno cellulare, infiammazione o morte dei tessuti.
- Albumina: una delle proteine principali prodotte dal fegato, che ricopre diversi ruoli essenziali nell’organismo, come il trasporto di ormoni, farmaci e altre molecole nel sangue. Livelli bassi possono indicare insufficienza epatica, ma anche malnutrizione, malassorbimento o malattie renali.
- Proteine totali: questo parametro include albumina e globuline. Le globuline comprendono anticorpi, enzimi e altre proteine funzionali. Il loro dosaggio fornisce indicazioni sullo stato nutrizionale, sulla funzione del fegato e sull’eventuale presenza di infiammazioni croniche o disfunzioni del sistema immunitario.
- Tempo di protrombina (PT): misura quanto tempo impiega il sangue a coagulare. Poiché la protrombina è prodotta dal fegato, un PT prolungato può indicare un deficit nella sua capacità di sintesi. Tuttavia, questo valore deve essere valutato con attenzione nei pazienti che assumono anticoagulanti.
In alcuni casi, alterazioni temporanee dei valori possono essere legate a infezioni recenti o condizioni transitorie: per questo motivo, può essere utile ripetere i test a distanza di tempo per valutare l’eventuale ritorno alla normalità.
Quando i valori epatici superano di 2-3 volte i limiti di riferimento, in particolare per enzimi come ALT, AST, GGT o per la bilirubina, la situazione è considerata preoccupante. Tuttavia, anche alterazioni lievi ma persistenti nel tempo meritano attenzione, soprattutto se accompagnate da sintomi come affaticamento cronico, prurito diffuso, gonfiore addominale, dolore al quadrante superiore destro, o ittero (colorazione gialla di occhi e pelle).
È bene ricordare che molti di questi parametri sono inclusi negli esami del sangue di routine e sono generalmente aspecifici, e un loro valore alterato non indica automaticamente la presenza di una malattia del fegato. Per formulare una diagnosi definitiva è necessario interpretare i risultati nel contesto clinico del paziente, tenendo conto di sintomi, anamnesi e altri esami. In alcuni casi, quando necessario, il/la medico/a può prescrivere esami strumentali di approfondimento.
Esami strumentali per controllare il fegato
Gli esami strumentali vengono eseguiti quando i valori ematici risultano alterati, per chiarire dubbi diagnostici o in presenza del sospetto clinico di una patologia epatica, ma anche per monitorare l’evoluzione di una malattia già diagnosticata.
Tra i principali esami strumentali utilizzati nella pratica clinica ci sono:
- Ecografia fegato e vie biliari: l’esame di primo livello, non invasivo, privo di radiazioni e facilmente accessibile. Consente di valutare dimensioni, forma e struttura del fegato, rilevando eventuali alterazioni come steatosi epatica, cisti, noduli, tumori o segni compatibili con la cirrosi.
- Eco(color)doppler di fegato e vie biliari: viene utilizzata per studiare il flusso sanguigno nei principali vasi epatici, come la vena porta e le arterie epatiche. È utile per escludere trombosi o valutare condizioni come l’ipertensione portale.
- Elastografia epatica: esame non invasivo e indolore che misura la rigidità del tessuto epatico, indicativa della presenza e del grado di fibrosi o cirrosi. È particolarmente indicato nei pazienti con epatite cronica e può essere ripetuto nel tempo per monitorare l’evoluzione della malattia.
- Risonanza magnetica (RM) e Colangio-RM: forniscono immagini ad alta definizione del fegato e delle vie biliari. Sono spesso utilizzate in alternativa o come completamento dell’ecografia, soprattutto per approfondire la natura di neoformazioni epatiche benigne o maligne o per diagnosticare patologie come l’emocromatosi, mediante sequenze specifiche per l’accumulo di metalli.
- Tomografia computerizzata (TC): offre immagini ad alta risoluzione, spesso con l’impiego di mezzo di contrasto, ed è utile per valutare lesioni epatiche, metastasi e anomalie vascolari.
- Scintigrafia del fegato: è un esame di medicina nucleare che utilizza un tracciante radioattivo per valutare la funzionalità del fegato e delle vie biliari. È indicato in casi selezionati, per esempio per lo studio di masse epatiche o anomalie congenite.
- Biopsia epatica: è una procedura invasiva che prevede il prelievo di un piccolo campione di tessuto epatico mediante un ago, solitamente sotto guida ecografica e in anestesia locale. È l’esame di riferimento per confermare la diagnosi di infiammazione, fibrosi o tumori del fegato.
- Colangiopancreatografia endoscopica retrograda (ERCP): tecnica che unisce endoscopia e radiologia per visualizzare e trattare le vie biliari. È indicata, per esempio, per la rimozione di calcoli biliari o il trattamento di ostruzioni dei dotti biliari.
La scelta dell’esame più appropriato dipende dal quadro clinico del paziente e dagli obiettivi diagnostici. Per questo è sempre necessario affidarsi a uno/a specialista che durante la visita epatologica o la visita gastroenterologica potrà indicare l’iter diagnostico più adatto in base alle condizioni del paziente e alle informazioni richieste.
Quando fare gli esami del fegato
Non esiste un momento valido per tutti in cui eseguire gli esami del fegato, ma ci sono diverse situazioni in cui il controllo della salute epatica è fortemente consigliato.
In assenza di sintomi, questi test possono rientrare in un check-up di routine, soprattutto dopo i 40 anni, oppure essere indicati per chi ha uno stile di vita a rischio, come il consumo regolare di alcol o l’assunzione prolungata di farmaci potenzialmente epatotossici.
La presenza di fattori predisponenti, come una storia familiare di malattie epatiche, obesità, diabete oppure la presenza accertata di infezioni croniche da virus epatitici (HBV o HCV), giustificano un monitoraggio periodico.
Gli esami diventano invece prioritari in presenza di sintomi sospetti, come stanchezza persistente, nausea, perdita di appetito, prurito, urine scure, feci chiare, dolore al fianco destro o gonfiore addominale. Questi segnali possono essere la spia di condizioni anche gravi, come cirrosi epatica, steatosi epatica non alcolica, tumori del fegato e delle vie biliari o malattie autoimmuni.