L’autunno comincia ufficialmente a settembre, ma è solo con le prime piogge, i primi freddi, le giornate sempre più brevi di ottobre e novembre che ce ne accorgiamo davvero. E, in questa stagione, c’è un appuntamento che può essere importante mettere in programma: il vaccino antinfluenzale. Salvo controindicazioni specifiche, di cui parliamo anche in questo articolo, il vaccino è indicato per ogni persona che voglia prevenire l’influenza, e raccomandato soprattutto per quelle che hanno un maggior rischio di complicanze se sviluppassero l’infezione, come le persone a partire dai sessant’anni, chi ha malattie croniche, i bambini tra i sei mesi e i sei anni…

E non solo. Infatti, poiché ridurre il rischio di infezioni significa tutelare sé stessi ma anche le altre persone, e cercare di garantire la continuità di servizi pubblici di particolare rilevanza, il vaccino antinfluenzale è raccomandato anche, per esempio, agli operatori sociosanitari e a chi dona il sangue.

Ma in cosa consiste questo vaccino? Perché è necessario rifarlo ogni anno? Quando è meglio farlo? Ci sono controindicazioni? Cerchiamo di rispondere a queste e altre domande, per conoscere il più possibile questo importantissimo “appuntamento annuale”.

Per cominciare, due parole sull’influenza e sull’importanza del vaccino

Prima di parlare degli aspetti pratici del vaccino, vale la pena spendere qualche parola sui virus dell’influenza, un gruppo di patogeni della famiglia dal complesso nome di Orthomyxoviridae. I due tipi più frequenti, quelli responsabili delle ben note epidemie stagionali, sono i virus dell’influenza A e quello dell’influenza B.

Ogni persona sperimenta l’influenza nel corso della sua vita e, in linea generale, sappiamo bene che questa malattia si risolve in modo spontaneo nell’arco di una settimana circa. Ma non va sottovalutata perché, soprattutto nelle persone più vulnerabili, può causare forme gravi e peggiorare le patologie preesistenti: l’Organizzazione mondiale della sanità stima che possa causare fino a 650.000 morti all’anno a causa delle complicanze respiratorie. 

Per chi è raccomandato il vaccino antinfluenzale

Da qui l’importanza della vaccinazione, soprattutto per le persone più a rischio per età (come i bambini tra i 6 mesi e i 6 anni, e gli adulti a partire dai 60) o quelle che hanno altre patologie (diabete, malattie cardiovascolari o respiratorie come la BPCO, o con immunocompromissione…). È anche importante per le donne in gravidanza o nel periodo post partum, che sono più a rischio di forme influenzali gravi; inoltre, la vaccinazione in gravidanza permette di proteggere anche il feto e, in generale, limitare il rischio d’infezione per la madre significa limitare anche il rischio per il neonato. Questo è un aspetto importante della vaccinazione contro l’influenza: come per ogni malattia infettiva per la quale è disponibile, il vaccino permette infatti di ridurre, in generale, il rischio d’infezione per le altre persone.

Il vaccino antinfluenzale è raccomandato anche per alcune categorie di lavoratori e lavoratrici, tra cui personale sanitario, vigili del fuoco e forze di polizia. E ancora, per chi lavora a contatto con animali che potrebbero rappresentare una fonte d’infezione: alcuni animali, come maiali e uccelli acquatici, possono infatti ospitare virus influenzali diversi da quelli umani ma che, in rari casi, possono infettare anche la nostra specie. Se una persona è infettata contemporaneamente da un virus umano e da uno animale, all’interno del suo organismo potrebbe avvenire un “riassortimento genetico”, cioè uno scambio di geni tra i due virus; questo processo può portare alla comparsa di un nuovo virus, capace di diffondersi tra gli esseri umani. È così che, storicamente, sono nate alcune pandemie influenzali.

La lista delle persone cui è raccomandata la vaccinazione antinfluenzale, insomma, è lunga: quella completa è reperibile sul sito del Ministero della Salute.

Vaccino antinfluenzale: quando farlo

La tempistica è un altro aspetto importante del vaccino antinfluenzale. Questa vaccinazione va ripetuta ogni anno, per due ragioni principali: intanto, il virus muta molto rapidamente, cioè presenta piccoli cambiamenti che modificano le sue proteine di superficie – proprio quelle contro cui agisce il nostro sistema immunitario una volta “addestrato” dal vaccino. Ciò fa sì che, da un anno all’altro, il virus stagionale sia leggermente differente da quello dell’anno precedente: quindi ogni anno l’Organizzazione mondiale della sanità analizza i virus in circolazione e aggiorna la composizione del vaccino, scegliendo i ceppi più probabili per la stagione successiva. Un altro aspetto che spiega la necessità della vaccinazione annuale è che la risposta immunitaria data dal vaccino non dura per sempre, ma tende ad affievolirsi nel corso dei mesi.

Il periodo dell’anno per la vaccinazione antinfluenzale non può essere scelto a caso. In effetti, il momento consigliato è tra ottobre e novembre, così da garantire la protezione prima del picco epidemico. Una volta somministrato il vaccino, infatti, servono circa due settimane affinché l’organismo sviluppi una protezione completa. Vaccinarsi a ottobre permette dunque di arrivare preparati, dal punto di vista immunologico, al periodo di maggior diffusione dell’influenza (questo vale anche per le donne in gravidanza: non c’è, cioè, un trimestre specifico in cui fare la vaccinazione). Viceversa, vaccinarsi troppo presto (per esempio in agosto), potrebbe far sì che la protezione si indebolisca prima del picco influenzale.

Ecco perché i diversi servizi sanitari regionali programmano le loro campagne in autunno, su indirizzo del Ministero della Salute – che infatti, nella sua circolare Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2025-2026, specifica che «si raccomanda compatibilmente con la disponibilità di vaccino, di condurre le campagne di vaccinazione antinfluenzale regionali a partire dall’inizio di ottobre (40ma settimana dell’anno)». Inoltre, il Ministero specifica anche che la vaccinazione può essere fatta anche più avanti, se non si è riusciti a vaccinarsi a ottobre: il principio, parafrasando, è che ha senso vaccinarsi finché il virus è in circolazione.

Vaccino antinfluenzale: come farlo

Di per sé, la vaccinazione antinfluenzale non è diversa da molte altre: consiste infatti in un’iniezione intramuscolare, di solito nel braccio (nei bambini piccoli si preferisce la coscia; in alcuni casi pediatrici è disponibile anche il vaccino in formulazione di spray nasale). In generale, inoltre, il vaccino può essere somministrato da specifiche categorie professionali: medici/che di medicina generale, pediatri/e, personale dei centri vaccinali delle diverse ASL, operatori/trici sanitari/e delle strutture ospedaliere e residenziali. In diverse Regioni, inoltre, il vaccino può essere somministrato anche da farmacie, ostetriche (per le donne in gravidanza) e infermiere/i in contesti organizzati di sanità pubblica.

È importante sottolineare, però, che sono Regioni e ASL a decidere come organizzare concretamente la campagna vaccinale, per cui su base regionale possono cambiare i canali di prenotazione, le sedi di vaccinazione e la data precisa per iniziare la campagna.

 

Vaccino antinfluenzale: effetti collaterali e controindicazioni

Come ogni farmaco, anche il vaccino antinfluenzale è sottoposto a rigorosi controlli prima di essere immesso in commercio – e in effetti anche dopo, perché anche una volta che un farmaco è sul mercato un attento sistema di farmacovigilanza permette di raccogliere ogni segnalazione su eventuali effetti indesiderati o eventi avversi. Questo sistema di valutazione, che può essere approfondito qui, controllo consente di avere un vaccino efficace e sicuro. Gli effetti indesiderati più comuni del vaccino antinfluenzale, che dipendono comunque da variabili come il tipo preciso di vaccino e l’età della persona, sono rappresentati da lievi reazioni locali, come l’arrossamento nel punto di inoculazione e, più di rado, febbre, dolori muscolari e mal di testa che si risolvono in un paio di giorni.

È invece molto importante prestare attenzione alle, seppur limitate, controindicazioni per la vaccinazione, cioè le condizioni in cui un vaccino non deve essere somministrato, perché potrebbe comportare un rischio maggiore di effetti avversi (o una risposta immunitaria inadeguata). Nel caso del vaccino antinfluenzale, le principali controindicazioni sono rappresentate da:

  • ipersensibilità al principio attivo del vaccino o a uno qualsiasi dei suoi componenti (per esempio gli eccipienti);
  • lattanti con meno di sei mesi (perché per questa fascia d’età non sono disponibili studi clinici che ne garantiscano efficacia e sicurezza, da cui l’importanza di vaccinare le donne in gravidanza e post partum).

Inoltre, il vaccino antinfluenzale è controindicato nelle persone che in precedenza, entro sei settimane dalla vaccinazione, hanno avuto la sindrome di Guillain-Barré, una rara malattia neurologica autoimmune (seria ma transitoria nella maggioranza dei casi). Al contrario, non è una controindicazione al vaccino l’allergia all’uovo, una preoccupazione ancora comune dal momento che molti vaccini antinfluenzali vengono prodotti coltivando i virus in uova di gallina fecondate (comunque, per le forme gravi di allergia la somministrazione di questo vaccini è raccomandata in un contesto medico).

Come anticipato, comunque, le precauzioni e le controindicazioni possono variare in base al tipo di vaccino. Per esempio, particolare attenzione è data ai vaccini basati sul virus vivo attenuato, quello somministrato come spray intranasale, che non è raccomandato in gravidanza né in presenza di altre condizioni. Il Ministero della Salute raccoglie in una pagina dedicata tutte le controindicazioni per il vaccino antinfluenzale: in ogni caso, è sempre raccomandato dissipare ogni dubbio confrontandosi con il/la proprio/a medico/a.

 

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