Vulvodinia

Cos’è la vulvodinia? In questa scheda un quadro delle principali caratteristiche, delle possibili cause, sintomi e trattamenti per questa condizione ancora poco conosciuta
Korian Redazione

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Redazione scientifica
Articolo revisionato dalla nostra redazione scientifica
20 Giugno 2025

    La vulvodinia è una condizione di dolore cronico nell’area vulvare, la parte esterna dei genitali femminili. Più precisamente, è caratterizzata da un dolore che persiste tra i tre e i sei mesi e che non può essere associato a una specifica malattia o condizione medica (in altre parole, che non ha una causa identificabile).

    Si tratta di una condizione comune, che si pensa rappresenti la causa principale di dolore durante i rapporti sessuali e di dolore pelvico nelle persone in età fertile; secondo l’Associazione Italiana Vulvodinia colpisce circa il 12-15% delle donne e delle persone con genitali femminili nel corso della loro vita. Tuttavia, molte persone non ricevono una diagnosi o non si rivolgono ai professionisti sanitari per capire l’origine del dolore e individuare un trattamento, per cui è difficile avere stime certe sull’epidemiologia (cioè sui numeri e diffusione) di questa condizione. In linea generale, la vulvodinia è di solito diagnosticata in persone di 20-60 anni, ma può presentarsi a ogni età.

    Prima di approfondire cause, sintomi e altri aspetti della vulvodinia, è doverosa una precisazione del linguaggio scelto per questa scheda. Come in altri contesti, si userà spesso il termine “persone” invece di “donne”: la ragione è che, pur essendo la vulvodinia una condizione ginecologica, questa scelta permette di includere anche uomini transgender che presentano genitali femminili e possono dunque esserne colpiti.

    Quali sono le cause della vulvodinia?

    Le cause della vulvodinia sono a oggi sconosciute: è una caratteristica della patologia che può renderne difficile la diagnosi. La ricerca scientifica sull’eziologia di questa condizione è in corso e sta indagando diversi fattori che possono contribuire allo sviluppo della vulvodinia. Tra questi vi sono, per esempio, danni o irritazioni dei nervi responsabili della trasmissione degli stimoli dolorosi dalla vulva al midollo spinale, infiammazione, una risposta anomala a stimoli ambientali, disfunzioni della muscolatura del pavimento pelvico e fattori genetici predisponenti.

    Vale la pena comunque evidenziare che le osservazioni cliniche suggeriscono come spesso la vulvodinia sia associata ad altre condizioni croniche, tra cui per esempio la fibromialgia e la sindrome dell’intestino irritabile. Sembra inoltre sia frequente l’associazione con disturbi psichiatrici come la depressione e i disturbi d’ansia, ma capire la relazione tra queste condizioni e la vulvodinia non è scontato: da una parte, infatti, potrebbero rappresentare un fattore di rischio per la vulvodinia, ma quest’ultima potrebbe a sua volta favorire l’insorgenza di alcuni disturbi psicologici a causa dell’impatto negativo che ha sulla vita della persona che ne soffre.

    A oggi non sono ancora note le cause della vulvodinia e la ricerca è in corso

    vulvodinia

    Quali sono i sintomi della vulvodinia?

    Il sintomo principale della vulvodinia è il dolore nell’area vulvare, che comprende le diverse strutture anatomiche esterne dell’apparato genitale femminile. Tuttavia, questo sintomo può essere molto differente da una persona all’altra, non solo in termini di gravità ma anche per altre caratteristiche: può essere pungente, bruciante, pulsante o presentarsi in modi differenti. Anche l’area interessata può variare; in effetti, in base alla zona in cui origina la sensazione dolorosa si possono distinguere:

    • vulvodinia localizzata, la forma più comune, in cui il dolore origina da un punto preciso, per esempio il vestibolo vulvare (la zona compresa tra le piccole labbra, che include l’orifizio vaginale) o la clitoride;
    • vulvodinia generalizzata, in cui il dolore si presenta in diverse aree in momenti differenti e può interessare tutta la vulva.

    Inoltre, a seconda delle persone il dolore può presentarsi in modo spontaneo oppure solo in risposta a stimoli come il tocco o la pressione, e risultare scatenato da attività quali i rapporti sessuali, l’inserimento di un tampone, l’esercizio fisico o perfino il solo movimento di sedersi. 

    Ancora, i tempi con cui il dolore si presenta possono variare: per alcune persone può comparire e interrompersi in modo improvviso nel corso di diversi mesi, per altre può proseguire senza interruzioni.

    Il dolore dovuto alla vulvodinia può peggiorare in modo significativo la qualità della vita della persona che ne soffre, condizionando le relazioni affettive e la vita sessuale, nonché più in generale il benessere emotivo.

    Anche se la vulvodinia è caratterizzata dal dolore nell’area vulvare, il sintomo doloroso può essere molto differente da una persona all’altra.

    Come si arriva alla diagnosi di vulvodinia?

    Diverse ragioni possono rendere difficile arrivare a una diagnosi di vulvodinia. Non solo si tratta di una condizione complessa e di origine ancora sconosciuta (ma presumibilmente multifattoriale), ma non sempre le persone cercano aiuto medico (magari a causa di barriere culturali o emotive, come il senso di imbarazzo) e, soprattutto, vi può ancora essere una sottostima del dolore, oppure quest’ultimo può essere considerato, anche da parte del personale medico, di origine psicosomatica. La variabilità dei sintomi nelle diverse persone, che rende difficile l’inquadramento clinico, e più in generale la conoscenza ancora scarsa di questa condizione rappresentano ulteriori fattori che possono impedire o ritardare la diagnosi. In linea generale, quest’ultima richiede spesso diversi anni e può implicare la necessità di consultare diversi specialisti/e; in questo periodo di tempo, i sintomi possono persistere o anche peggiorare, e il malessere anche emotivo radicarsi.

    Una diagnosi corretta di vulvodinia è tuttavia fondamentale per individuare un trattamento che permetta di mitigare i sintomi e il malessere generale causato dalla condizione, consentendo di migliorare la qualità della vita della persone che ne soffre. Poiché la vulvodinia non causa lesioni evidenti né ha cause identificabili con esami di laboratorio o strumentali, la diagnosi avviene per esclusione di altre patologie. Ciò significa che, oltre alla raccolta dell’anamnesi e dei sintomi riportati, il/la medico/a può raccomandare diversi tipi di esami e test, quali:

    • esame pelvico, anche per identificare le aree in cui si percepisce il dolore;
    • test del cotton fioc (o con tampone di cotone), un esame clinico semplice e non invasivo usato per localizzare e valutare il dolore vulvare;
    • pinprick test, che consiste nel toccare delicatamente la pelle con uno stimolo acuminato ma non lesivo, che consente una valutazione neurosensoriale e aiuta a rilevare aree di ipersensibilità;
    • tamponi per la ricerca di infezioni che possono essere causa dei sintomi dolorosi. 

    La diagnosi di vulvodinia avviene per esclusione di altre patologie, ma può essere complessa e richiedere diversi anni.

    Come si previene la vulvodinia?

    La vulvodinia è una condizione della quale a oggi non si conoscono le cause. Questo la rende purtroppo attualmente impossibile da prevenire.

    Qual è il trattamento della vulvodinia?

    La vulvodinia non ha una cura risolutiva. Individuare la terapia migliore può non essere semplice, anche perché non c’è un unico trattamento efficace per tutte le persone: la terapia dev’essere dunque personalizzata, e può richiedere un certo periodo di tempo e diversi tentativi prima di individuare la strategia ottimale. In questo contesto, è anche importante evidenziare che non è possibile predire, a oggi, se e quando la vulvodinia si risolverà.

    In linea di massima, tra i trattamenti usati per la vulvodinia vi sono:

    • farmaci topici da applicare nell’area vulvare per alleviare il dolore, di solito contenenti anestetici e/o ormoni (i farmaci antinfiammatori sembrano invece avere poco effetto nel trattamento della vulvodinia);
    • farmaci orali, in particolare antidepressivi e anticonvulsivanti, che possono anch’essi essere raccomandati per mitigare i sintomi dolorosi;
    • fisioterapia per alleviare tensioni e spasmi del pavimento pelvico;
    • chirurgia, in alcuni casi (soprattutto se il dolore è localizzato e non risponde ad altri trattamenti), con rimozione dell’area in cui si origina il dolore;
    • counseling per migliorare la gestione degli aspetti influenzati in modo negativo dalla vulvodinia.

    Nel trattamento della vulvodinia sono inoltre importanti anche alcune strategie pratiche che aiutano a minimizzare il dolore. Tra queste, alcune di quelle indicate dall’Associazione Italiana Vulvodinia comprendono:

    • l’uso di biancheria in cotone per una buona traspirazione, evitando di indossarla durante la notte, e di abiti comodi;
    • curare l’igiene intima senza eccessi e assicurandosi di usare solo prodotti delicati, o eventualmente la sola acqua;
    • usare solo assorbenti e tamponi di cotone;
    • evitare i rapporti sessuali finché è presente il dolore o, se molto desiderati, usare un lubrificante idrosolubile;
    • evitare attività fisiche che esercitano pressione diretta sulla vulva (per esempio la bicicletta) o che vi possano provocare un’intensa frizione (come la corsa);
    • assicurarsi un’idratazione sufficiente e urinare prima che la vescica sia completamente piena.

    Diversi studi stanno inoltre indagando il possibile ruolo della dieta nel trattamento della vulvodinia; a oggi, però, i dati non sono sufficienti a supportare l’indicazione di una dieta specifica per le persone con questa condizione. 

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