Tumore alla prostata
Il tumore alla prostata è dovuto a una proliferazione di cellule anomale nella ghiandola prostatica.
La prostata è una ghiandola dell’apparato riproduttore maschile posta subito sotto la vescica e circondata da una capsula fibrosa attraversata dai dotti eiaculatori (attraverso cui passa lo sperma durante l’eiaculazione) e dalla porzione iniziale dell’uretra (il canale attraverso cui passa l’urina). Ha una forma di castagna rovesciata, con la parte più stretta rivolta verso il basso, ed è deputata a produrre e immagazzinare il liquido prostatico, un componente dello sperma che ha diverse funzioni, tra cui aiutare ad aumentare la motilità degli spermatozoi, attenuare l’acidità di urina e secreti vaginali, partecipare ai processi di fluidificazione e coagulazione dello sperma. La prostata è presente anche nei bambini, ma si sviluppa solo con la pubertà.
Il tumore alla prostata è una delle forme di cancro più diagnosticate a livello mondiale e rappresenta anche una delle principali morti per tumore negli uomini. In Italia l’incidenza di questo tumore è aumentata negli anni, anche se gli avanzamenti della medicina e la disponibilità di trattamenti efficaci hanno nettamente ridotto la mortalità di questo tumore.
Quali sono le cause del tumore alla prostata?
Ogni tipo di tumore, anche di quelli che interessano uno stesso organo, è diverso dagli altri: il cancro è infatti una malattia molto eterogenea e spesso un singolo gruppo di tumori presenta caratteristiche differenti. Tuttavia, i tumori condividono alcuni elementi distintivi: come gli altri, anche quello alla prostata origina da cellule che iniziano a proliferare in modo incontrollato, a causa di mutazioni nel DNA, evadendo i normali controlli che portano alla morte le cellule vecchie o danneggiate. Queste cellule anomale accumulano nel tempo sempre più mutazioni che ne stimolano ulteriormente la proliferazione e conferiscono loro alcune caratteristiche vantaggiose, come la capacità di indurre la formazione di vasi sanguigni per avere nutrienti e ossigeno. Alla fine, le cellule tumorali acquisiscono anche la capacità di arrivare a organi e tessuti diversi da quelli del sito di origine, formando metastasi.
La maggior parte dei tumori alla prostata ha origine dalle cellule della ghiandola (adenocarcinoma), sebbene in casi più rari si possano sviluppare anche da cellule di tipo epiteliale (carcinoma prostatico) e da altri tipi di cellule.
Sono noti specifici geni che, se ereditati dai genitori, aumentano il rischio che si sviluppi il tumore alla prostata: si tratta in particolare dei geni BRCA1 e BRCA2, coinvolti anche nel tumore al seno. Un’altra causa genetica del tumore alla prostata è la sindrome di Lynch o cancro colon-rettale ereditario non poliposico, che predispone alla formazione di tumori, soprattutto del colon-retto ma anche in altre sedi, compresa la prostata. Queste forme ereditarie, tuttavia, sono responsabili solo di una minoranza dei casi di tumore alla prostata.
La maggior parte dei casi di tumore alla prostata è sporadica, cioè non ereditaria. Sono noti diversi fattori di rischio, fra cui uno dei più importanti è l’invecchiamento: il tumore alla prostata è raro prima dei 40 anni, ma la probabilità che si sviluppi aumenta rapidamente con l’avanzare dell’età e soprattutto oltre i 50 anni. Anche la familiarità ha un ruolo nella probabilità di sviluppare questa forma di tumore. In particolare, il rischio aumenta in modo significativo se si hanno parenti di primo grado (padre o fratelli) che hanno avuto il tumore alla prostata.
Gli studi suggeriscono che anche alcune abitudini e stili di vita possano rappresentare fattori di rischio per il tumore alla prostata, ma il loro ruolo non è completamente chiarito. Per esempio, non è stato confermato del tutto che fattori come l’obesità, il fumo di tabacco e la dieta abbiano un ruolo nello sviluppo di questo tumore. Comunque, uno stile di vita sano che comprenda una dieta equilibrata e l’astensione dal fumo rimane fondamentale per la prevenzione di molti tipi di tumori e altre malattie.
Quali sono i sintomi del tumore alla prostata?
Come altri tipi di tumore, anche quello alla prostata nelle fasi iniziali non dà sintomi. Man mano che la massa tumorale cresce, però, possono iniziare a presentarsi sintomi e segni quali le difficoltà nella minzione (per esempio, la necessità di urinare più spesso o un flusso di urina scarso) e sangue nelle urine e/o nello sperma. Nelle fasi più avanzate, il tumore alla prostata può portare a disfunzione erettile, perdita di peso e affaticamento.
Alcuni di questi sintomi non sono da ricondurre necessariamente al tumore alla prostata. La difficoltà nella minzione, per esempio, è comunemente associata all’ipertrofia prostatica, una condizione caratterizzata dall’ingrossamento della prostata ma benigna. Se si osserva qualcuno di questi sintomi, comunque, è bene rivolgersi al/la proprio/ medico/a per eseguire accertamenti.

Come si arriva alla diagnosi di tumore alla prostata?
La diagnosi di tumore alla prostata inizia con la visita del/la medico/a di base o urologo/a, che esegue un’esplorazione rettale per valutare il volume della prostata e la presenza di eventuali noduli che possano essere riconducibili a un tumore. L’esame consiste nella palpazione della ghiandola, introducendo un dito nel retto.
Il secondo esame per indirizzare la diagnosi è l’analisi dell’antigene prostatico specifico (Prostatic Specific Antigen, PSA): si tratta di un enzima prodotto dalla prostata e normalmente presente nel circolo sanguigno in quantità minime. Un aumento dei valori di PSA può far sospettare un tumore alla prostata, ma è importante evidenziare che non rappresenta una diagnosi della malattia. Infatti, il PSA può aumentare anche per altre ragioni, in particolare a causa dell’ipertrofia prostatica benigna o infiammazioni della prostata. Inoltre, alcuni dei tumori individuati a partire dall’esame del PSA possono essere a crescita molto lenta (indolenti) e, soprattutto in pazienti anziani, possono non avere influenza sulla durata della vita.
Per queste ragioni, l’esame del PSA non è usato per lo screening della popolazione dal Servizio sanitario nazionale. La ricerca scientifica è comunque molto attiva nel cercare d’individuare altri marcatori per migliorare l’accuratezza diagnostica dell’esame, mentre il Consiglio europeo ha raccomandato di avviare sperimentazioni e progetti pilota per valutare la fattibilità di programmi di screening combinandolo con altri esami.
Proprio perché il solo esame del PSA non è sufficiente per stabilire la presenza di un tumore alla prostata, in caso di sospetto (anche in base al risultato dell’esplorazione rettale) sono necessari ulteriori esami che permettano di ottenere immagini della ghiandola. In particolare, l’esame di riferimento è la risonanza magnetica multiparametrica, una particolare forma di risonanza magnetica che prende in considerazione diversi parametri della prostata.
Solo in base ai risultati di tutti questi esami e della valutazione di eventuali fattori di rischio il/la medico/a può decidere se è opportuno effettuare una biopsia, l’unico esame che può portare alla diagnosi certa di un tumore alla prostata. Consiste nel prelievo di un campione di tessuto, ottenuto da un ago inserito nel retto e guidato da una sonda (agobiopsia), così che possa essere analizzato per accertarne la natura.
Se la biopsia conferma la presenza di un tumore alla prostata saranno necessari ulteriori esami che permettano di valutarne l’estensione a eventuali altri distretti dell’organismo (metastasi), quali risonanza magnetica, TC e scintigrafia ossea.
Come si previene il tumore alla prostata?
Purtroppo non esiste una prevenzione specifica per il tumore alla prostata, perché i fattori noti che ne influenzano la probabilità di sviluppo (familiarità ed età) non sono modificabili. Uno stile di vita sano, che comprenda non fumare, regolare esercizio fisico e dieta equilibrata, è comunque una buona norma per la salute complessiva dell’organismo e può evitare l’insorgere di alcuni di quelli che sono sospettati essere fattori di rischio, come l’obesità.

Qual è il trattamento del tumore alla prostata?
Sono diverse le terapie disponibili per il trattamento del tumore alla prostata e la scelta di quale adottare si basa sulle caratteristiche della malattia e le condizioni del paziente. In alcuni casi, per esempio per pazienti anziani o con altre malattie, può non essere indicato alcun trattamento ma una watchful waiting (vigile attesa), cioè un approccio basato sul monitoraggio del tumore, o un’active surveillance (sorveglianza attiva), un monitoraggio basato su controlli più frequenti per intervenire qualora si rendesse necessario.
La terapia attiva si basa su diverse opzioni terapeutiche.
- L’intervento chirurgico è consigliato soprattutto nei pazienti al di sotto dei 65 anni e il cui rischio legato al tumore è valutato come intermedio. Consiste nella rimozione della prostata (prostatectomia radicale), delle ampolle del dotto deferente (dove si deposita lo sperma) e delle vescicole seminali (ghiandole che secernono un fluido che rappresenta il principale componente dello sperma). Se il tumore è limitato alla prostata, l’intervento ne consente l’eradicazione ed è considerato curativo. Se possibile, nell’intervento si cercano di mantenere la funzione erettile e la continenza urinaria. La chirurgia può oggi avvalersi anche di tecniche mini-invasive basate sulla laparoscopia, anche assistita da robot: quest’ultima sta anzi diventando la tecnica più impiegata, perché presenta una serie di vantaggi rispetto alla chirurgia classica. In particolare, riduce le perdite di sangue durante l’operazione, richiede una degenza più breve e una minor necessità di analgesici dopo l’intervento; inoltre, sembrano riprendere più rapidamente la funzionalità sessuale e la continenza urinaria.
- La radioterapia a fasci esterni, che si basa sull’irraggiamento del tumore con raggi X che ne distruggono le cellule, è considerata un’opzione di trattamento standard, soprattutto quando il tumore è localizzato; può essere anche usata come adiuvante dopo la prostatectomia. I risultati a lungo termine sono paragonabili a quelli della rimozione chirurgica del tumore.
- Un’altra metodica usata per pazienti a basso rischio è la brachiterapia, che consiste nell’inserimento all’interno della prostata di impianti che rilasciano radiazioni, agendo quindi come una radioterapia interna.
- Diversamente da altre forme di cancro, quando il tumore alla prostata è più avanzato, il trattamento non consiste di norma nella chemioterapia ma nella deprivazione androgenica, un trattamento che rallenta o blocca la produzione di testosterone, il principale ormone maschile. Si tratta, dunque, di una terapia ormonale, che risulta più efficace se combinata con la radioterapia. Gli effetti collaterali sono legati alla diminuzione del testosterone e regrediscono dopo la sospensione della terapia. I più comuni comprendono per esempio disfunzione erettile, calo del desiderio sessuale, riduzione della massa muscolare, osteoporosi. Inoltre, di recente è emersa l’associazione tra la deprivazione androgenica e la sindrome metabolica, una condizione caratterizzata dall’aumento dei livelli di colesterolo e trigliceridi e dall’ipertensione, associata a un aumentato rischio di sviluppare problemi cardiovascolari e diabete.
Se il tumore si è diffuso ad altri distretti dell’organismo, la terapia viene scelta in base alle sedi di localizzazione e ad altre caratteristiche del cancro.
AIMAC, La brachiterapia, https://www.aimac.it/libretti-tumore/radioterapia/la-brachiterapia
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AIRC, Tumore della prostata: la difficile scelta tra i benefici della diagnosi precoce e i possibili svantaggi, https://www.airc.it/cancro/prevenzione-tumore/diagnosi-precoce/psa
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Korian Redazione
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