Trombosi venosa

Cos’è la trombosi venosa? Scopri i sintomi, le cause e il trattamento
Korian Redazione

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Redazione scientifica
Articolo revisionato dalla nostra redazione scientifica
15 Gennaio 2025

    La trombosi venosa è una condizione nella quale si formano trombi, cioè coaguli di sangue, nelle vene. Nella maggior parte dei casi interessa le vene degli arti inferiori e del bacino. Si parla più propriamente di trombosi venosa profonda quando i trombi si formano nelle vene più interne e vicine ai muscoli, e di trombosi venosa superficiale quando si formano nelle vene più superficiali. 

    Quest’ultima condizione è però meno grave della trombosi venosa profonda che, oltre a ostacolare il normale flusso di sangue nelle vene, rappresenta un rischio per la formazione di un embolo: significa che una parte del trombo può rompersi e, trasportata dal torrente circolatorio, arrivare ai polmoni, dove può ostruire un’arteria polmonare o uno dei suoi rami, causando un’embolia polmonare. Le vene sono infatti i vasi che trasportano il sangue dagli organi periferici verso il cuore: in particolare, non considerando le vene polmonari (che trasportano il sangue ossigenato dai polmoni al cuore), tutte le altre vene convogliano il flusso sanguigno verso la parte destra del cuore, da cui il sangue raggiunge i polmoni per rilasciare l’anidride carbonica e arricchirsi di ossigeno. L’embolia polmonare rappresenta una condizione potenzialmente letale.

    La trombosi venosa può verificarsi a ogni età, ma è più comune nelle persone anziane.

     Quali sono le cause della trombosi venosa?

    La trombosi venosa è dovuta alla formazione di un coagulo di sangue all’interno delle vene, di solito quelle degli arti inferiori e del bacino ma, a volte, anche degli arti superiori (per esempio nelle braccia) e in rari casi anche nel cervello (trombosi venosa cerebrale). A sua volta, la formazione del coagulo è dovuta a danni o infiammazioni della vena associati per esempio a traumi, interventi chirurgici o infezioni. 

    Sono noti diversi fattori di rischio per lo sviluppo della trombosi venosa, spesso condivisi tra quella superficiale e quella profonda. Tra questi, i principali sono:

    • immobilità prolungata a causa della quale il sangue fluisce più lentamente, per esempio nel caso di lunghi viaggi in macchina o aereo, oppure di periodi di riposo a letto;
    • interventi chirurgici;
    • età avanzata;
    • vene varicose, che rappresentano un fattore di rischio soprattutto per la trombosi venosa superficiale;
    • uso di contraccettivi ormonali o terapie ormonali sostitutive;
    • gravidanza o parto recente;
    • condizioni patologiche quali per esempio disturbi della coagulazione (per esempio trombofilia), obesità, tumori (e il trattamento associato, come chemioterapia o interventi chirurgici), ipertensione, diabete, infezioni e malattie autoimmuni (quali per esempio artrite reumatoide e lupus eritematoso sistemico);
    • lesioni e traumi, quali fratture e lesioni del midollo spinale, o traumi alla vena (per esempio per l’introduzione di un catetere o un’agocannula);
    • storia personale e/o familiare di trombosi venosa;
    • fumo di tabacco.

    È importante evidenziare che la trombosi venosa superficiale, pur essendo considerata una condizione non grave che causa tromboflebite, rappresenta essa stessa un fattore di rischio per la trombosi venosa profonda.

    Quali sono i sintomi della trombosi venosa?

    La trombosi venosa superficiale è di solito associata a sintomi e segni quali il dolore e il gonfiore nell’area intorno alla vena interessata; la pelle può apparire arrossata oppure scolorita, e calda al tatto. L’infiammazione causata dalla trombosi determina flebite, anche detta tromboflebite.

    La trombosi venosa profonda può invece essere asintomatica: quando presenti, i sintomi e segni possono essere per esempio crampi agli arti inferiori, dolore e gonfiore all’arto interessato, con arrossamento e sintomatologia dolorosa al tatto. Sintomi quali il dolore al petto e la difficoltà a respirare possono essere indicativi invece di un’embolia polmonare, grave complicazione della trombosi venosa che richiede un intervento medico tempestivo.

    Come si arriva alla diagnosi di trombosi venosa? 

    La diagnosi di trombosi venosa superficiale è di solito essenzialmente clinica, basata sull’esame da parte del/la medico/a dell’area interessata. Al contrario, la trombosi venosa profonda non può essere diagnosticata con il solo esame fisico, anche se anamnesi e raccolta dei fattori di rischio e di eventuali sintomi è importante per indirizzare i controlli successivi. L’esame di riferimento per la diagnosi di trombosi venosa profonda è l’ecocolordoppler, un esame che combina l’ecografia tradizionale con la tecnica Doppler per valutare il flusso sanguigno all’interno dei vasi. Sfrutta, cioè, gli ultrasuoni per produrre immagini in tempo reale dei vasi sanguigni (ecografia) e il cambiamento della frequenza degli ultrasuoni riflessi dai globuli rossi in movimento per valutare velocità e direzione del flusso del sangue (effetto Doppler). Possono essere raccomandati gli esami del sangue per la valutazione del D dimero, una molecola prodotta dalla degradazione dei coaguli di sangue e che quindi può suggerire la presenza di una condizione di trombosi venosa. Inoltre, possono essere raccomandati anche esami specifici per identificare altre condizioni patologiche che possano dare origine alla trombosi venosa.

    Come si previene la trombosi venosa?

    La prevenzione della trombosi venosa consiste nel limitare il rischio che si formino trombi. Questo è possibile con alcune strategie da mettere in atto durante i periodi di immobilità forzata: per esempio, cercando regolarmente di alzarsi per camminare o muovere almeno le caviglie e le gambe durante i lunghi viaggi; dopo un intervento chirurgico, è consigliabile confrontarsi con il/la proprio/a medico/a per capire quale tipo di movimento sia possibile eseguire per favorire la circolazione sanguigna. In alcuni casi, per esempio se si deve trascorrere molto tempo in piedi, può essere utile anche l’utilizzo di calze a compressione graduata, un particolare tipo di calze che aiuta il sangue a fluire lungo le vene degli arti inferiori. 

    In presenza di fattori di rischio legati ad altre patologie, il loro corretto trattamento è importante per la prevenzione della trombosi venosa.

    Qual è il trattamento della trombosi venosa?

    Il trattamento della trombosi venosa ha come obiettivi la prevenzione dell’accrescimento del trombo e l’accelerazione invece della sua degradazione.

    In caso di trombosi venosa superficiale, sono di solito sufficienti strategie quali l’uso di calze a compressione graduata, l’uso di impacchi caldi per ridurre il dolore ed eventualmente farmaci antinfiammatori e antidolorifici per mitigare i sintomi; è inoltre importante tenere regolarmente le gambe sollevate per favorire il ritorno del sangue verso il cuore.

    In caso di trombosi venosa profonda, la prima linea di intervento farmacologico si basa sull’impiego di anticoagulanti. Tradizionalmente, i farmaci più usati a questo scopo sono l’eparina e il warfarin, ma da alcuni anni sono disponibili i farmaci anticoagulanti di nuova generazione (nuovi anticoagulanti orali, NAO). Eparina e warfarin agiscono indirettamente sulla coagulazione del sangue: la prima attiva infatti l’antitrombina III, un inibitore naturale della coagulazione, mentre il secondo inibisce la vitamina K, essenziale per la sintesi di alcuni fattori della coagulazione. Invece i NAO agiscono in modo diretto, bloccando un fattore della coagulazione.

    In alcuni casi specifici, può essere raccomandata una terapia trombolitica, cioè basata sull’uso di farmaci in grado di accelerare il dissolvimento del trombo, seguita dalla terapia anticoagulante. In alcuni casi può essere raccomandata la trombolisi diretta da catetere, un intervento che consiste nell’inserire un sottile catetere nel vaso interessato, guidandolo fino al trombo: attraverso il catetere viene somministrato un farmaco trombolitico, che agisce localmente per sciogliere il coagulo. 

    È importante notare che, anche dopo il trattamento, la trombosi venosa profonda può causare la sindrome post-trombotica, una condizione a lungo termine dovuta all’infiammazione e ai danni alla vena causati dal trombo. La sindrome post-trombotica è caratterizzata da dolore, gonfiore e prurito nell’area interessata dalla trombosi, associati a crampi e affaticamento, e può essere invalidante. Inoltre, la trombosi venosa può svilupparsi nuovamente nel tempo. Per queste ragioni è importante seguire attentamente le raccomandazioni del/la proprio/a medico/a sia per quanto riguarda la terapia sia per eventuali esami di follow up.

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