Ipertrofia prostatica
La prostata è una ghiandola dell’apparato riproduttivo maschile. A partire dalla pubertà, quando raggiunge il pieno sviluppo, produce e immagazzina il liquido prostatico, un componente dello sperma con diverse funzioni (per esempio contribuisce ad aumentare la mobilità degli spermatozoi, attenua l’acidità di urina e secreti vaginali, partecipa ai processi di fluidificazione e coagulazione). La prostata è localizzata sotto la vescica ed è attraversata dai dotti eiaculatori (attraverso cui passa lo sperma durante l’eiaculazione) e dalla porzione iniziale dell’uretra (il canale attraverso cui passa l’urina).
A partire dalla mezza età, la prostata tende fisiologicamente a ingrossarsi. Tuttavia, l’ipertrofia prostatica è caratterizzata da alterazioni progressive nel tessuto della prostata: nel tempo, si sviluppano noduli, infiammazione e fibrosi (cioè un aumento di tessuto connettivo) che arrivano a interferire con la minzione. Se non trattata, porta a diverse gravi complicanze.
L’ipertrofia o iperplasia prostatica è una malattia dovuta all’ingrossamento della prostata. È spesso chiamata benigna, per indicarne la natura non cancerosa; si stima interessi fino alla metà degli uomini con più di 60 anni e i casi sembrano essere in aumento.
Quali sono le cause dell’ipertrofia prostatica benigna?
Le cause dell’ipertrofia prostatica benigna non sono state del tutto chiarite. Alcune ipotesi suggeriscono siano da ricondursi agli ormoni androgeni, cioè quelli maschili. Il principale è il testosterone, prodotto dai testicoli (e, in piccola parte, dalle ghiandole surrenali) per tutta la vita di un uomo, ma i cui livelli tendono a diminuire con l’età. Dal metabolismo del testosterone è prodotto un altro ormone, il diidrotestosterone (DHT), che sembra avere un ruolo importante nello sviluppo dell’ipertrofia prostatica: alcuni studi suggeriscono infatti sia in grado di stimolare la proliferazione cellulare della prostata, promuovendo così la crescita della ghiandola.
In generale, comunque, vi sono alcuni fattori di rischio noti per lo sviluppo dell’ipertrofia prostatica benigna. Tra questi vi sono:
- invecchiamento (gli uomini con più di 40 anni hanno un maggior rischio di sviluppare l’ipertrofia prostatica);
- storia familiare di tumore alla vescica e di disturbi alla prostata;
- obesità;
- sindrome metabolica;
- diabete;
- disturbi cardio-circolatori;
- disfunzione erettile.
L’esercizio fisico e un consumo moderato di alcol sembrano invece avere un effetto protettivo.
Quali sono i sintomi dell’ipertrofia prostatica?
I sintomi dell’ipertrofia prostatica riguardano essenzialmente le vie urinarie. I più comuni sono la necessità di urinare frequentemente (soprattutto di notte), la sensazione di non riuscire a trattenere l’urina, un flusso debole o intermittente durante la minzione. Ancora, sono comuni le difficoltà a iniziare la minzione e il dolore durante la minzione o l’eiaculazione.
Ci sono due aspetti riguardanti i sintomi dell’ipertrofia prostatica che è bene sottolineare. Il primo è che alcuni di questi sintomi possono essere causati anche da altri disturbi, come un’infezione alle vie urinarie o il tumore alla prostata. Il secondo è che la dimensione della prostata non è direttamente correlata alla gravità dei sintomi: per alcuni uomini è sufficiente un ingrossamento minimo perché siano molto evidenti, mentre altri, pur avendo una prostata molto ingrossata, non avvertono particolarmente i sintomi. La ragione è che questi ultimi non dipendono solo dal blocco fisico dovuto alla prostata ingrossata ma anche dalla sua perdita di elasticità.
In una minoranza di pazienti, se non trattata, l’ipertrofia prostatica può a lungo andare causare diverse complicanze. In particolare, si può sviluppare ritenzione urinaria, una condizione nella quale la vescica non riesce a svuotarsi del tutto. A sua volta, la ritenzione urinaria può portare a incontinenza e predispone alle infezioni (perché eventuali batteri del tratto urinario possono proliferare invece di essere eliminati con l’urina) e alla formazione di calcoli nella vescica. Inoltre, questa condizione può nel tempo causare insufficienza renale, perché a seguito di una ritenzione urinaria prolungata l’urina può rifluire verso i reni, danneggiandoli.

Come si arriva alla diagnosi di ipertrofia prostatica?
Per la diagnosi dell’ipertrofia prostatica, il/la medico/a raccoglie l’anamnesi e i sintomi e valuta la presenza di fattori di rischio, per poi condurre un esame rettale per verificare il volume della prostata. L’esame è condotto introducendo un dito nel retto, così da poter palpare la ghiandola. Può anche essere raccomandata la compilazione di un questionario di auto-valutazione dei sintomi e di “diari delle minzioni” per avere una misurazione dei sintomi.
Vi sono poi diversi esami che permettono di escludere altre malattie e valutare le caratteristiche cliniche dell’ipertrofia.
Principali esami per l’ipertrofia prostatica
- Analisi delle urine: permettono di evidenziare eventuali infezioni che possono dare origine ai sintomi, o essere conseguenza della ritenzione urinaria, e che devono essere trattate.
- Analisi del sangue: permettono di misurare i livelli di antigene prostatico specifico (Prostatic Specific Antigen, PSA), un enzima prodotto dalla prostata e normalmente presente nel circolo sanguigno in quantità minime. Livelli aumentati di PSA sono considerati predittori della crescita prostatica e del rischio di sviluppare ritenzione urinaria, per cui la misurazione può aiutare a dirigere il trattamento. Gli esami del sangue possono essere consigliati anche per valutare la funzionalità renale quando si sospetta vi possa essere già stato un danno ai reni.
- Uroflussometria: si tratta di un test che permette di valutare il flusso di urina durante la minzione in termini di volume e velocità. È un esame non invasivo, svolto in completa privacy, che consiste nell’urinare in un particolare imbuto, collegato a uno strumento che esegue le misurazioni.
- Ecografia trans-rettale: consente di valutare meglio il volume della prostata e può essere usata, in associazione con l’uroflussometria (e dopo la minzione), per controllare la quantità di urina eventualmente rimasta nella vescica.
Eventuali altri esami possono essere consigliati in base alla valutazione del/la medico/a urologo/a.
Come si previene l’ipertrofia prostatica?
Purtroppo non vi sono vere e proprie strategie di prevenzione per l’ipertrofia prostatica. Tuttavia, come per altre condizioni prive di una specifica prevenzione primaria, agire sui fattori di rischio modificabili può limitare la probabilità che si sviluppi la malattia. Questo include un regolare esercizio fisico e una dieta equilibrata, per mantenersi normopeso e prevenire diabete e disturbi circolatori associati all’ipertrofia prostatica.
Qual è il trattamento dell’ipertrofia prostatica?
Non esiste una cura per l’ipertrofia prostatica, ma vi sono diverse strategie d’intervento che vengono scelte in base alle condizioni del paziente e alla gravità della malattia. Per i casi più lievi, quando i sintomi sono poco fastidiosi e non hanno un impatto negativo sulla qualità della vita, può anche non essere suggerito alcun trattamento ma una vigile attesa (watchful waiting), un approccio basato sul monitoraggio della malattia senza altri interventi. Di norma, sono anche consigliate alcune modifiche dello stile di vita per mitigare i sintomi: evitare di bere in determinati momenti, quando la frequenza eccessiva della minzione è più disagevole (per esempio prima di andare a dormire) e di assumere bevande che possono avere effetto diuretico e irritante, quali caffeina e alcolici. Anche l’uso di alcuni farmaci, come i decongestionanti nasali usati per il trattamento del raffreddore e gli antistaminici, è sconsigliato. Questi farmaci determinano la contrazione dei muscoli dell’uretra, rendendo più difficile urinare (la minzione).
Nei casi più gravi, quando i sintomi hanno un impatto sulla qualità della vita, può invece essere necessario intervenire con una terapia farmacologica o un intervento chirurgico.
Il trattamento farmacologico può basarsi su due tipi principali di farmaci: i bloccanti alfa-adrenergici e gli inibitori della 5 alfa-reduttasi. I primi agiscono inibendo l’effetto dell’adrenalina, un ormone e neurotrasmettitore, inducendo così il rilassamento della vescica e dei muscoli vicini alla prostata e facilitando la minzione. I secondi inibiscono invece l’enzima che trasforma il testosterone in DHT: l’effetto è una riduzione del volume della prostata, con miglioramento dei sintomi dell’ipertrofia prostatica. Entrambe queste due classi di farmaci possono avere effetti collaterali, tra cui disfunzione erettile, disturbi dell’eiaculazione, vertigini e alterazioni della pressione sanguigna, e devono essere assunti sotto controllo medico. È bene anche precisare che, anche se si trovano in commercio alcuni integratori e prodotti fitoterapici per la salute della prostata, la loro efficacia non è mai stata confermata dagli studi. Alcuni possono anzi avere effetti avversi o interagire con i farmaci che la persona assume: è quindi importante rivolgersi al/la medico/a prima di utilizzarli.
I trattamenti chirurgici per l’ipertrofia prostatica sono di norma indicati per i casi più gravi e quando la terapia farmacologica è inefficace. L’intervento standard, che può essere eseguito con tecniche leggermente distinte tra loro, è la resezione transuretrale della prostata (Transurethral Researction of the Prostate, TURP): si inserisce attraverso l’uretra un endoscopio cui è collegato un elettrobisturi, con il quale si asporta parte della prostata. L’intervento può avere alcune complicanze, tra cui disfunzione erettile (a volte temporanea), incontinenza urinaria ed eiaculazione retrograda (lo sperma è eiaculato nella vescica invece che all’esterno). Inoltre, il 10% circa dei pazienti sottoposti a TURP deve ripetere l’intervento nei 5-10 anni successivi, per un nuovo ingrossamento della prostata. Tuttavia, la TURP non è l’unico intervento possibile per l’ipertrofia prostatica benigna; altre soluzioni chirurgiche sono:
- incisione transuretrale della prostata (Transurethral Incision of the Prostate, TUIP), una procedura con la quale si incidono la prostata e il collo della vescica per allargare l’uretra; è un intervento rapido, che richiede però per alcuni giorni l’inserimento di un catetere;
- adenomectomia prostatica open (o “a cielo aperto”), che richiede un’incisione per asportare la porzione ingrossata della ghiandola prostatica;
- chirurgia laser, che comprende una serie di distinte tecniche chirurgiche per distruggere e rimuovere il tessuto prostatico che restringe l’uretra.
La scelta dell’intervento più idoneo è presa con il/la medico/a in base alla gravità dell’ipertrofia prostatica e alle condizioni del paziente.
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Korian Redazione
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