Colelitiasi (Calcoli biliari)
La colelitiasi è la presenza di calcoli biliari nella colecisti. Rappresenta una disfunzione dell’apparato digerente molto comune e, sebbene spesso sia asintomatica, può causare dolore e disturbi più gravi che richiedono un trattamento medico.
I calcoli biliari (anche detti litiasi biliare) sono formazioni solide che originano dalla bile e possono avere dimensioni molto differenti. Si sviluppano nella colecisti o nei dotti biliari, i canali che trasportano la bile dalla cistifellea all’intestino, e possono spostarsi in altri tratti dell’apparato digerente. Quando i calcoli si trovano nei dotti biliari (perché vi si sono direttamente sviluppati lì o perché sono migrati dalla cistifellea) si parla più propriamente di coledocolitiasi.
La colecisti, detta anche cistifellea, è un piccolo organo dell’apparato digerente deputato a ricevere e immagazzinare la bile, un fluido essenziale per la digestione e l’assorbimento dei grassi e che permette l’eliminazione di alcune sostanze di scarto dall’organismo. La bile è prodotta dal fegato e immagazzinata nella colecisti che, quando si mangia la rilascia nell’intestino tenue.
Quali sono le cause della colelitiasi?
La bile è una soluzione composta principalmente da acqua, sali biliari, bilirubina, colesterolo, acidi grassi. Quando sono troppo abbondanti per sciogliersi, alcune di queste sostanze possono precipitare, formando i calcoli che causano la colelitiasi: la forma di gran lunga più comune è rappresentata dai calcoli di colesterolo, di colore giallo-verde, ma più di rado possono formarsi anche calcoli di pigmenti, di colore scuro, composti principalmente da bilirubina, una molecola di scarto dell’organismo che si forma con la degradazione dell’emoglobina dei globuli rossi. In alcune persone si possono sviluppare calcoli di entrambi i tipi.
I fattori di rischio per lo sviluppo della colelitiasi comprendono fattori genetici e ambientali, nonché la presenza di malattie preesistenti.
Principali fattori di rischio per la colelitiasi
- Età: la probabilità di sviluppare colelitiasi aumenta con l’avanzare degli anni, mentre è molto limitata durante l’infanzia.
- Sesso: i calcoli biliari di colesterolo si sviluppano più frequentemente nelle donne. Gli estrogeni, ormoni sessuali femminili, influenzano i livelli di colesterolo e la probabilità di sviluppare calcoli biliari; in particolare, il rischio risulta maggiore nelle donne in età riproduttiva, che assumono contraccettivi a base di estrogeni o terapie ormonali sostitutive, e in gravidanza.
- Fattori genetici: una storia familiare di colelitiasi aumenta la probabilità di sviluppare la patologia. Gli studi hanno individuato alcuni geni, coinvolti nel trasporto del colesterolo, le cui varianti possono aumentare il rischio di calcoli biliari.
- Dieta ricca di colesterolo, grassi saturi e zuccheri, e povera invece di fibre.
- Rapido aumento di peso oppure digiuno prolungato.
- Malattie e condizioni mediche quali obesità, sindrome metabolica, diabete, alti livelli di grassi (trigliceridi) nel sangue. Anche bassi livelli lipoproteine ad alta densità (High Density Lipoprotein, HDL) nel sangue rappresentano un fattore di rischio: queste molecole, infatti, trasportano il colesterolo in eccesso al fegato, dove può essere smaltito attraverso la bile. Le anemie emolitiche, un insieme di patologie che comportano una continua distruzione dei globuli rossi, e la cirrosi epatica possono causare la formazione di calcoli di pigmento.
Quali sono i sintomi della colelitiasi?
La maggior parte delle persone con colelitiasi è asintomatica. Infatti, finché i calcoli rimangono nella cistifellea, non causano disturbi e si parla di calcoli silenti.
I sintomi della colelitiasi si manifestano quando i calcoli ostruiscono i dotti biliari o altre strutture. Quando il calcolo ostruisce i dotti biliari, la bile si accumula nella cistifellea causando la colica biliare, un dolore acuto e improvviso nella parte superiore dell’addome che può protrarsi per diverse ore. La colica biliare si presenta più comunemente durante la notte, spesso dopo aver consumato pasti particolarmente pesanti.
Se i calcoli sono di piccole dimensioni, possono riuscire a spostarsi spontaneamente nell’intestino, da cui saranno espulsi attraverso le feci senza ulteriori disturbi. Se questo non avviene e il calcolo continua a ostruire il dotto biliare, possono verificarsi diverse complicazioni, tra cui per esempio la colecistite, cioè un’infiammazione della cistifellea della quale la colelitiasi rappresenta la causa più comune. Si presenta come un dolore acuto e persistente nella parte superiore dell’addome che si diffonde verso la schiena; possono essere presenti anche sintomi quali febbre, nausea, vomito, ittero (colorazione giallastra della cute e della sclera degli occhi, dovuta all’accumulo di bilirubina nell’organismo) e gonfiore addominale. L’ostruzione dei dotti biliari può portare a infezioni della cistifellea e dei dotti stessi; sia l’infiammazione della cistifellea sia eventuali infezioni possono estendersi al fegato. Quest’ultimo può anche essere danneggiato dal ristagno della bile, che non riesce a fluire nell’intestino, una condizione detta colestasi.
La colelitiasi può portare anche a pancreatite, cioè un’infiammazione del pancreas. Infatti, i dotti biliari si uniscono a formare il dotto biliare comune, che a sua volta si unisce al dotto pancreatico, responsabile del trasporto del succo pancreatico, ricco di enzimi digestivi, nell’intestino. Se un calcolo biliare ostruisce quest’area di giunzione, il succo pancreatico rimane bloccato nel pancreas, danneggiando l’organo. Anche in questo caso, il principale sintomo è il dolore acuto nella parte superiore dell’addome che si può diffondere verso la schiena, cui si possono aggiungere nausea e vomito, febbre, gonfiore addominale.
Colecistite e pancreatite sono pericolose e potenzialmente letali, per cui richiedono un trattamento medico tempestivo.
Si stima che il 10% circa delle persone con calcoli biliari sviluppi sintomi entro cinque anni dalla diagnosi e il 20% entro vent’anni.
Come si arriva alla diagnosi di colelitiasi?
La colelitiasi è di solito diagnosticata solo quando causa sintomi al paziente; infatti, in caso di calcoli biliari silenti (che non causano sintomi), questi possono essere riconosciuti per caso durante altri esami medici. Il/la medico/a raccoglie l’anamnesi, i sintomi e i fattori di rischio ed esegue un esame fisico del paziente. Per la diagnosi sono necessari anche esami di imaging, che permettono di ottenere immagini di organi e tessuti: l’esame principale è l’ecografia che, basandosi sugli ultrasuoni, consente di evidenziare la presenza di calcoli biliari. In alcuni casi possono essere necessari esami come TC e risonanza magnetica o altri più specifici per le strutture da valutare: è il caso per esempio della colescintigrafia o scansione HIDA, un tipo di scintigrafia che permette di valutare il funzionamento di cistifellea, dotti biliari e fegato.
Inoltre, il/la medico/a può richiedere esami del sangue per valutare la presenza di un’eventuale infiammazione o infezione ai dotti biliari, alla cistifellea, al pancreas o al fegato dovuti alla colelitiasi.
Come si previene la colelitiasi?
La prevenzione della colelitiasi avviene agendo sui fattori di rischio modificabili, in particolare la dieta. Un’alimentazione equilibrata, ricca di fibre (particolarmente presenti per esempio in verdura, frutta e cereali integrali) e povera di grassi saturi a favore di grassi insaturi (questi ultimi contenuti per esempio nell’olio di oliva e nel pesce), è fondamentale per mantenere nella norma i livelli di colesterolo e prevenire lo sviluppo di calcoli biliari. Inoltre, soprattutto se unita a un esercizio fisico regolare, una dieta equilibrata previene l’obesità, che rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di colelitiasi. Sono invece da evitare diete che prevedano perdite di peso troppo rapide e digiuni prolungati, che possono facilmente portare a un ulteriore rapido aumento di peso: in caso di sovrappeso oppure obesità, è importante scegliere diete bilanciate stabilite con un/a esperto/a.

Qual è il trattamento della colelitiasi?
Se i calcoli biliari non causano sintomi, può non essere necessario alcun trattamento. Se invece sono presenti sintomi come le coliche biliari, può essere necessario l’intervento medico: il trattamento standard è la rimozione chirurgica della cistifellea (colecistectomia). A seconda delle condizioni del paziente e della presenza di eventuali complicazioni, l’intervento può avvenire con tecniche di laparoscopia, una strategia mini-invasiva che consente di operare attraverso piccole incisioni, oppure “a cielo aperto”, ossia tramite l’incisione dell’addome. La cistifellea non è indispensabile per l’organismo e la sua rimozione consente una normale qualità della vita; tuttavia, alcune persone possono avere diarrea o necessità di defecare più di frequente dopo la colecistectomia, anche se il disturbo è di solito temporaneo.
Più raramente, se l’intervento non è possibile a causa delle condizioni del paziente (per esempio se sono presenti patologie che lo rendono sconsigliabile), è possibile optare per un trattamento non chirurgico per rimuovere o dissolvere i calcoli biliari. I trattamenti non chirurgici della colelitiasi comprendono per esempio le terapie orali, basate su farmaci in grado di dissolvere i calcoli di colesterolo, e la litotrissia extracorporea a onde d’urto (Extracorporeal Shockwave Lithotripsy, ESWL), che sfrutta onde d’urto ad alta pressione per frantumare i calcoli, così che possano essere espulsi nell’intestino. Un’altra strategia per eliminare i calcoli biliari senza ricorrere all’intervento chirurgico è la colangiopancreatografia endoscopica retrograda (Endoscopic Retrograde Cholangiopancreatography, ERCP), una procedura invasiva che combina endoscopia e fluoroscopia (basata su raggi X e schermo fluorescente) e che può essere usata sia a scopo diagnostico sia a scopo terapeutico.
È da precisare che questi trattamenti non prevengono la formazione di nuovi calcoli e possono dover essere ripetuti per tempi molto lunghi, anche per tutta la vita.
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Korian Redazione
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