Tecarterapia: un nome che si sente ormai di frequente in ambito sportivo, ma che ricorre sempre più spesso anche in altri contesti medici. In realtà, più che un nome si tratta di una sigla: TECAR, infatti, sta per Trasferimento Energetico Capacitivo e Resistivo. Ma forse neanche il nome completo è molto illuminante nello spiegare cos’è e come funziona questo approccio terapeutico… Cerchiamo allora di conoscerlo meglio!

Come funziona la tecarterapia

La tecarterapia è un tipo di terapia fisica nella quale, grazie a correnti ad alta frequenza (generalmente onde radio nella banda dei 300 kHz – 1 MHz), si genera calore all’interno dei tessuti biologici. Questo calore endogeno (cioè che si origina all’interno del tessuto, invece di provenire da una fonte esterna) è di fatto energia, che stimola la vasodilatazione, l’aumento del metabolismo cellulare e la riduzione del dolore. 

Complessivamente, quindi, la tecarterapia è un approccio usato per stimolare i processi di guarigione e favorire il recupero funzionale. In base al tessuto da trattare, si può scegliere una delle due diverse modalità di tecarterapia, oppure usarle in combinazione:

  • modalità capacitiva (CET), che agisce sui tessuti molli come i muscoli e vasi linfatici
  • modalità resistiva (RET), che agisce su tessuti a maggiore resistenza, come ossa, tendini e articolazioni.

Il meccanismo d’azione di queste due modalità è lo stesso: a cambiare è il tipo di elettrodo utilizzato, che è rivestito di materiale isolante nella CET, mentre nella RET non è isolato, così che l’energia possa penetrare più in profondità e agire sui tessuti a maggior resistenza. 

Tecarterapia: a cosa serve e per cosa è usata

La tecarterapia è in grado di stimolare il microcircolo sanguigno, il metabolismo cellulare e i processi riparativi: per queste ragioni è stata usata soprattutto in ambito sportivo, per il trattamento di lesioni che si verificano tipicamente durante l’attività fisica, come contratture, stiramenti e strappi muscolari, o ancora per tendiniti, distorsioni, lombalgie/cervicalgie, infiammazioni eccetera.

Negli ultimi anni, comunque, il suo uso si è sempre più allargato anche in altri contesti. Per esempio, gli studi ne hanno dimostrato i benefici anche per l’ipotonia nelle persone che hanno avuto un ictus, o condizioni come la sindrome del tunnel carpale (anche se gli effetti sembrano meno durevoli rispetto ad altri approcci) o perfino per il trattamento del dolore post-partum in caso di lesioni perineali.

Benefici e controindicazioni della tecarterapia

Gli studi sulla tecarterapia stanno via via aumentando e sono diversi i benefici di questo approccio che vengono messi in luce. Fondamentalmente, possono essere riassunti in alcuni punti chiave:

  • la vasodilatazione che induce, migliorando il microcircolo, determina un maggior apporto di ossigeno e nutrienti ai tessuti (e un miglior smaltimento delle sostanze di scarto), favorendo la riparazione dei tessuti e la diminuzione del dolore, soprattutto nel breve e medio termine
  • inoltre supporta il drenaggio linfatico, per cui può aiutare in presenza di edema e gonfiore
  • e infine può potenzialmente migliorare la funzionalità a livello cellulare, stimolando così il metabolismo delle cellule e modulando la produzione di molecole legate all’infiammazione (con un effetto antinfiammatorio)

Un altro vantaggio è che la tecarterapia è generalmente considerata sicura – purtuttavia, non è del tutto esente da alcune controindicazioni specifiche. In particolare, come evidenzia uno studio di quest’anno:

  • è controindicata durante la gravidanza, perché potrebbe potenzialmente influenzare lo sviluppo fetale
  • dovrebbe essere evitata in persone con pacemaker o altri dispositivi elettronici il cui campo magnetico potrebbe essere alterato dalle onde radio
  • proprio per la sua capacità di stimolare la proliferazione cellulare, non dovrebbe essere usata in aree interessate da tumori e nemmeno in presenza di infezioni attive
  • è controindicata anche in persone con trombosi venosa profonda: il miglioramento della circolazione prodotto dalla tecarterapia in questi casi non rappresenta infatti un vantaggio, bensì il rischio di dislocare un trombo causando un’embolia
  • persone con gravi disturbi cardiovascolari potrebbero non tollerare bene i cambiamenti del flusso sanguigno indotti dalla tecarterapia.

Tecarterapia: dopo quanto fa effetto, quanto dura una seduta e altre considerazioni

Gli effetti della tecarterapia possono richiedere tempi variabili per manifestarsi: spesso il sollievo da un dolore acuto può essere già rilevabile dopo le prime sedute, mentre per dolori cronici può essere necessario più tempo; anche lo stimolo della rigenerazione tissutale di solito si verifica nel medio-lungo termine. A seconda dell’obiettivo terapeutico, inoltre, può cambiare anche la durata di una seduta di tecarterapia, che in media è di 20-30 minuti ma che può essere più breve o più lunga a seconda che l’area da trattare sia limitata o estesa. E, naturalmente, il numero di sedute necessarie dipende molto dal tipo di disturbo.

Vale la pena precisare che, come spesso avviene per le terapie più recenti, gli studi che valutano efficacia e benefici della tecarterapia hanno alcune limitazioni: spesso, per esempio, sono stati condotti su gruppi abbastanza piccoli di persone, e sono scarse le ricerche sui benefici a lungo termine. Tuttavia, questa pratica, a metà strada tra l’innovazione tecnologica e la medicina riabilitativa, offre un approccio non invasivo e molto mirato, che appare inoltre sempre più versatile. Ricordando che, come ogni strumento, richiede una corretta indicazione clinica e un utilizzo guidato da personale esperto, così da accompagnare il corpo nel suo percorso di guarigione.

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