La nostra colonna vertebrale è un capolavoro di ingegneria naturale, che svolge contemporaneamente funzioni di sostegno, protezione e movimento, mantenendo un equilibrio tra stabilità e flessibilità. Grazie alle sue curve fisiologiche, è anche perfettamente adattata alla nostra postura bipede. Ma, talvolta, alle curve fisiologiche se ne aggiungono altre che non lo sono affatto. 

È quanto avviene anche nella scoliosi, una deviazione laterale della colonna vertebrale. Non tutte le forme di scoliosi richiedono un intervento chirurgico: in molti casi, l’uso di tutori di supporto per la schiena e la fisioterapia sono sufficienti a migliorarla, se non risolverla del tutto. Quando però la scoliosi è particolarmente grave (in particolare, quando la curva supera i 45-50 gradi Cobb, il metodo per la misurazione della curva scoliotica), la probabilità che progredisca è alta e, di norma, è raccomandato l’intervento chirurgico. Vediamo in cosa consiste. 

Intervento per la scoliosi: in cosa consiste e quanto dura 

L’intervento chirurgico per la scoliosi consente di impedire la progressione della curvatura anomala e anche di raddrizzarla in modo significativo. Può essere eseguito sia in adolescenza (prima della piena maturità scheletrica) sia in età adulta e la tecnica più comunemente usata è quella dell’artrodesi vertebrale posteriore. Al di là del nome tecnico, questa operazione consiste nella fusione di due o più vertebre, a seconda delle caratteristiche della scoliosi del paziente, tramite barre e viti, riportando la colonna vertebrale nella sua posizione fisiologica. Per fornire una sorta di “scaffalatura” su cui l’osso può crescere correttamente durante la fusione è usato un innesto, che può essere una porzione di osso (del paziente stesso o di un donatore) oppure di materiale sintetico.

La durata dell’intervento per la scoliosi e della degenza variano anche notevolmente in base a diversi fattori, ma in genere sono necessari almeno tre giorni di ricovero post-operatorio e alcune ore per l’esecuzione dell’operazione. Inoltre, dopo l’intervento è necessario un percorso di fisioterapia

Le vertebre impiegano alcuni mesi a fondersi completamente, ed è importante che mantengano l’allineamento corretto durante questo periodo. Tuttavia, di solito nell’arco dei sei mesi è possibile riprendere del tutto le proprie attività (anche se, per chi pratica sport o attività specifiche, soprattutto se richiedono molta flessibilità, il confronto con il/la medico/a curante per sapere se e come riprenderli assume particolare importanza). 

I rischi dell’intervento per la scoliosi

Quello per la scoliosi rappresenta un intervento ortopedico complesso e delicato, perché il/la chirurgo/a deve intervenire assicurandosi di non danneggiare il midollo e i nervi spinali che controllano sensibilità e movimento di tutto l’organismo. Come ogni operazione chirurgica, comporta alcuni rischi, tra cui:

  • infezioni, per evitare le quali infatti l’intervento è di norma associato a un periodo di terapia antibiotica;
  • emorragie;
  • dolore persistente nell’area interessata dall’operazione, che però rappresenta una complicanza rara;
  • fusione incompleta delle vertebre, una condizione nota come pseudoartrosi (il cui rischio è aumentato da fattori quali, per esempio, il fumo, il diabete, l’età avanzata);
  • danni ai nervi;
  • trombosi venosa profonda.

Gli ultimi due rischi rappresentano complicanze particolarmente rare, ma delle quali è comunque importante essere consapevoli. In linea generale, seguire le indicazioni del team di cura durante il decorso post-operatorio, prestando attenzione alla comparsa di eventuali sintomi, è fondamentale sia per limitare il rischio di complicanze sia per riconoscerle in modo tempestivo.

Interventi mininvasivi per la scoliosi

L’avanzamento delle tecnologie ha permesso di mettere a punto anche interventi mininvasivi per la correzione della scoliosi. Tra queste vi sono, per esempio, la chirurgia mininvasiva con approccio laterale (si accede cioè alla colonna dal fianco) e la fusione posteriore mininvasiva: entrambe richiedono solo piccole incisioni per arrivare alla colonna vertebrale, riducendo così la perdita di sangue e il rischio di infezioni. Un approccio particolarmente innovativo è rappresentato dal vertebral body tethering, una tecnica che non prevede la fusione delle vertebre: si applica invece una sorta di corda elastica che permette alla colonna vertebrale di correggersi man mano che l’adolescente cresce.

Tuttavia, è importante evidenziare che questi approcci non hanno ancora sostituito completamente l’intervento classico di artrodesi vertebrale, né sono indicati per tutti i pazienti e per tutte le forme di scoliosi. In linea di massima, sono utilizzati quando le curve sono moderate e, nel caso del vertebral body tethering, solo quando le ossa si stanno ancora sviluppando. 

Affrontare un intervento per la scoliosi, che sia in età adulta o in adolescenza, significa intraprendere un percorso che richiede consapevolezza e pazienza. Tuttavia, è anche un intervento che permette di correggere un’alterazione che può essere e, in alcuni casi, potenzialmente pericolosa per la funzionalità di alcuni organi, ripristinando la curvatura corretta della schiena. E, con essa, un movimento libero e sicuro.

Privacy(Obbligatorio)
Newsletter
Comunicazioni commerciali
Profilazione
*i campi contrassegnati da asterisco sono obbligatori