T.S. Eliot, uno dei più grandi autori modernisti che la letteratura mondiale ci abbia mai regalato, amava dire: “È il viaggio, non la meta, ciò che conta”. 

E probabilmente non poteva esistere mantra più veritiero per descrivere il progetto di ricerca sperimentale a cura della regista e autrice Paola Di Mitri dal titolo “Terre sconosciute,  portato a Villa Pia con l’idea di stimolare la costruzione e la condivisione di un altro paesaggio immaginario possibile.

Un vero e proprio successo quello avvenuto presso la struttura laziale di Korian, che si pone in continuità con il progetto di teatro integrato dal titolo “Piccole donne crescono”, che proprio l’anno scorso aveva visti coinvolti i nostri ragazzi e le nostre ragazze nel portare in scena la rappresentazione di un grande classico.

TERRE SCONOSCIUTE, IDEALI E UTOPICHE

Ospite presso il Goethe Institute dal 15 al 19 luglio, Terre sconosciute si traduce in un laboratorio inclusivo, che ha saputo unire il linguaggio teatrale a quello cinematografico proponendosi di giocare insieme ai partecipanti ad immaginare e costruire paesaggi condivisi, ideali e utopici, nei quali vivere al meglio delle umane possibilità. 

Un’iniziativa che ha coinvolto giovani ragazzi e ragazze che soffrono di disturbi alimentari in un percorso creativo e inclusivo all’interno del contesto di cura di Villa Pia, centro specializzato Korian nel trattamento dei disturbi del comportamento alimentare e obesità. 

Una bella storia di successo che vogliamo raccontarvi nel dettaglio.

IL LABORATORIO INTEGRATO: SPECCHIO E TRAMITE PER L’AUTOSTIMA DEI PARTECIPANTI

Il progetto nasce dall’idea di provare a lavorare su un buco di immaginazione, stimolare la costruzione e la condivisione di un paesaggio immaginario altro e possibile.

L’innovazione dell’iniziativa risiede da una parte nella relazione tra il mondo delle arti performative e Villa Pia, quindi, tra l’arte e la medicina; dall’altra nel superamento di pratiche storiche collaudate sin dall’inizio del Novecento con le tecniche di psicodramma elaborate da Jacob Moreno, attraverso l’allestimento di una video installazione che sconfini l’ambito circoscritto del teatro terapia e raggiunga un pubblico più ampio.

La creazione di una video installazione che circuiti nei settori artistici, consente infatti alle partecipanti di emanciparsi dal regno della malattia in un percorso di crescita personale, svincolato dallo stigma del difetto, della mancanza o della malattia. 

Il laboratorio integrato in questo senso è concepito come specchio e tramite per distillare il mondo interiore, con le sue difese, i suoi filtri, i suoi depistaggi e i suoi mascheramenti, in un complesso sistema volto a ridare fiducia e autostima ai partecipanti e veicolare a livello sociale un nuovo immaginario sensibile della problematica affrontata.

IL POTERE DELL’ARTE PER STARE BENE CON SE STESSI E CON GLI ALTRI

L’attività artistica ha inoltre l’immenso pregio di riuscire a condurci ad una maggiore consapevolezza delle nostre emozioni, senza far ricorso al processo terapeutico tout court.

Il laboratorio, all’interno di un centro per i disturbi alimentari, ha dato la possibilità di poter lavorare per la costruzione di uno spazio di crescita dove sperimentare la propria soggettività: è un punto di partenza in un luogo dove ci si confronta, si fa esperienza, ci si relaziona e si impara a scoprire o riscoprire la propria creatività e se stessi a partire dall’invenzione di personaggi tutti da immaginare e costruire. L’iniziativa ha inoltre l’importantissima finalità della creazione di una comunità che possa rispecchiarsi e socializzare problemi al momento confinati nel dominio individuale.

Garantisce inoltre, a una problematica poco trattata come quella dei disturbi alimentari, di essere assorbita attraverso un forte e visionario impianto estetico e sensoriale nonché di circolare in ambiti diversi da quelli dei contesti medicalizzanti.

 

 

Strutture correlate