L’intervento di prolasso rettale: come si svolge, quanto dura e tempi di recupero

Il prolasso rettale è una condizione spesso sottovalutata, ma in grado di compromettere la qualità della vita. Secondo l’American Society of Colon and Rectal Surgeons, colpisce circa lo 0,5% della popolazione generale, con una maggiore incidenza tra gli adulti e, in particolare, tra le donne di età pari o superiore ai 50 anni, che hanno un rischio sei volte maggiore rispetto agli uomini di sviluppare questa condizione. Si tratta di un disturbo in cui il retto, ovvero la parte finale dell’intestino crasso, scivola verso il basso. A volte ciò avviene solo parzialmente, senza che sia visibile all’esterno; in altri casi è la mucosa interna a rovesciarsi, mentre nelle situazioni più gravi l’intero retto può fuoriuscire dall’ano. Il corpo, in questi casi, manda segnali ben chiari: si può avvertire una sensazione di peso o fastidio, accompagnata da dolore, prurito, perdite di muco o di sangue dall’ano. Anche le normali funzioni intestinali possono cambiare, portando a stitichezza, episodi di diarrea, incontinenza fecale o alla sensazione di svuotamento incompleto dell’intestino, che porta a sforzi ripetuti e peggiora la condizione.
Oltre al disagio fisico, c’è poi tutto quello che spesso non si dice: la vergogna, la fatica a parlarne con qualcuno, le ripercussioni sulla vita sociale e anche su quella intima. Non è raro che chi soffre di prolasso tenda a isolarsi, a provare imbarazzo nel proprio corpo o a pensare che non esista una soluzione efficace.
In realtà, nelle fasi iniziali si può intervenire con trattamenti conservativi, che comprendono piccole modifiche allo stile di vita, come un’alimentazione equilibrata, attività fisica mirata e l’utilizzo di farmaci che facilitano la regolarità intestinale. Quando però il disturbo diventa più avanzato o non risponde alle terapie, la chirurgia può rappresentare una soluzione efficace e definitiva.
Oggi gli interventi chirurgici per il prolasso rettale sono eseguiti con tecniche sicure e mininvasive, e il disturbo può essere affrontato senza particolari controindicazioni, a meno che non vi siano gravi problemi cardiaci o respiratori.
Come si opera un prolasso rettale?
Non esiste un’unica tecnica per l’intervento di prolasso rettale: il tipo di operazione dipende da quanto è esteso il prolasso, da dove si trova, dall’età e dallo stato di salute generale della persona che ne soffre. In ogni caso, l’obiettivo è lo stesso: riportare il retto nella sua posizione corretta e farlo funzionare meglio.
Cosa fare prima dell’intervento di prolasso rettale?
Prima dell’intervento, è importante seguire alcune indicazioni mediche per ridurre i rischi e facilitare il decorso postoperatorio. Il/la paziente deve effettuare esami del sangue, un elettrocardiogramma e, se necessario, anoscopia, rettosigmoidoscopia e colonscopia per escludere altre patologie del colon-retto. In alcuni casi possono essere richieste anche una defecografia per valutare il comportamento del retto e dei muscoli pelvici durante la defecazione e un’elettromiografia per valutare la funzionalità dei nervi e la coordinazione dei muscoli del pavimento pelvico, utile per identificare eventuali danni neurologici.
Nelle settimane precedenti può essere consigliata una dieta leggera o ricca di fibre per regolare l’intestino. Il giorno prima dell’intervento è spesso previsto un clistere evacuativo e la sospensione dei farmaci anticoagulanti o antiaggreganti, secondo le indicazioni dell’anestesista.
Che tipi di intervento di prolasso rettale esistono, come si svolge l’operazione e quanto dura?
Gli interventi per correggere il prolasso rettale possono seguire due vie principali: un approccio addominale, in cui si accede al retto passando dall’addome mediante tecniche laparoscopiche o robotiche, oppure un approccio perineale, che prevede l’accesso diretto dalla zona del perineo. La scelta tra le due opzioni dipende da diversi fattori, come l’età del paziente, lo stato di salute generale, la tipologia e l’estensione del prolasso.
- Nel caso del prolasso rettale interno, una delle tecniche più utilizzate è la procedura S.T.A.R.R. (Stapled Trans-Anal Rectal Resection), che consiste nella resezione della parte prolassata per via anale con l’ausilio di una suturatrice meccanica. Si tratta di un intervento mininvasivo, adatto soprattutto a pazienti con prolasso mucoso e sintomi da ostruita defecazione. Viene generalmente eseguito in anestesia spinale o locale con sedazione, ha una durata di circa 30-60 minuti e comporta un ricovero ospedaliero di uno o due giorni. Il recupero è rapido e il dolore post-operatorio è contenuto.
- Un’altra opzione per il prolasso interno è la rettopessi laparoscopica o robotica, indicata in situazioni più complesse o in presenza di altri prolassi associati, come quello genito-urinario. In questo caso, il retto viene riposizionato e fissato mediante una rete sintetica. L’intervento richiede l’anestesia generale, dura circa una o due ore e prevede una degenza ospedaliera di tre-cinque giorni. È particolarmente efficace, con un basso rischio di recidiva, ed è spesso consigliato anche per i pazienti più giovani.
- Nel caso di prolasso rettale esterno, una delle soluzioni più adottate è la rettopessi addominale, il trattamento di riferimento nei pazienti in buona salute, che consiste nel fissare il retto all’osso sacro utilizzando punti di sutura o una rete. Anche questa tecnica si esegue per via laparoscopica o robotica, richiede l’anestesia generale, dura in media una o due ore e comporta una degenza ospedaliera di tre-cinque giorni.
Nei pazienti più anziani o fragili si preferisce l’approccio perineale, meno invasivo e con minore impatto sul fisico. In presenza di prolassi di piccole dimensioni, inferiori a sei centimetri, si può ricorrere alla tecnica PSP (Perineal Stapled Prolapse Resection), un intervento rapido che si esegue in anestesia spinale o locale con sedazione, dura circa 30-45 minuti e prevede una degenza molto breve, di uno o due giorni. Quando il prolasso è più voluminoso, si può optare per l’intervento secondo Altemeier, che consiste nell’asportazione della parte prolassata direttamente dal perineo. Può essere effettuato in anestesia spinale o generale, a seconda delle condizioni del paziente, ha una durata compresa tra una e due ore e richiede una degenza di circa quattro-cinque giorni. È una tecnica particolarmente indicata nei soggetti anziani, perché poco invasiva e ben tollerata.
Quali sono i tempi di recupero e cosa non fare dopo un intervento di prolasso rettale?
I tempi di recupero dopo un intervento per prolasso rettale possono variare da persona a persona e dipendono dal tipo di procedura chirurgica eseguita. In generale, è possibile riprendere le normali attività quotidiane dopo una o due settimane. Tuttavia, è consigliabile evitare l’attività sportiva e gli sforzi fisici per almeno tre o quattro settimane. Anche per l’attività sessuale è preferibile attendere lo stesso periodo, ma i tempi possono variare in base alla tecnica utilizzata e al decorso postoperatorio individuale. In alcuni casi, soprattutto dopo un intervento per via perineale, è possibile avvertire una certa sensibilità o disagio iniziale.
Il dolore postoperatorio, nella maggior parte dei casi, è lieve e può essere controllato efficacemente con farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o con paracetamolo. La tipologia e la durata della terapia dipendono sia dall’intervento effettuato sia dalla soglia del dolore individuale. Nei primi giorni è molto importante evitare sforzi durante la defecazione, per non interferire con il processo di guarigione. A questo scopo, è bene seguire una dieta ricca di fibre e bere molta acqua; con il tempo, anche la funzionalità intestinale migliora progressivamente. In determinate situazioni, soprattutto se l’intervento è stato eseguito per via addominale o si sono verificate complicanze durante l’operazione, può essere indicata la somministrazione di antibiotici a scopo profilattico. Questa precauzione è particolarmente importante nei soggetti anziani, immunodepressi o in presenza di altri fattori di rischio, al fine di prevenire eventuali infezioni postoperatorie.
Quali sono le possibili complicanze dopo un intervento di prolasso rettale?
Come per qualsiasi intervento chirurgico, anche l’operazione per il prolasso rettale può comportare alcuni rischi e complicanze. Le più frequenti includono sanguinamento, infezioni, formazione di ematomi, trombosi venosa profonda, aderenze all’interno dell’addome e complicanze comuni legate all’anestesia. Oltre a questi, esistono complicanze più specifiche: per esempio, può verificarsi la mancata guarigione della sutura intestinale oppure può insorgere stitichezza, dovuta alla formazione di aderenze o cicatrici interne. In rari casi, possono essere danneggiate strutture vicine, come gli ureteri o i vasi sanguigni, e può manifestarsi anche una disfunzione erettile, legata a un danno ai nervi della zona pelvica.
Nella maggior parte dei casi, l’intervento di prolasso rettale è risolutivo. Tuttavia, in alcune situazioni, può essere utile affiancare un ciclo di riabilitazione del pavimento pelvico nel periodo postoperatorio, per consolidare e ottimizzare i risultati ottenuti.